martedì, marzo 30, 2004

MODENA: TESSILE-ABBIGLIAMENTO, UN 2003 DA KO

L'anno più difficile per il settore nell'ultimo decennio

Un secondo trimestre più "nero" del precedente, ha fatto del 2003 l'anno piùpesante e travagliato per il settore del tessile abbigliamento, tanto a livello nazionale quanto locale, dove comunque si assiste ad una maggiortenuta rispetto al resto del Paese. In calo, infatti, sono sia la produzioneche il fatturato, trascinati al ribasso dall'export, a sua volta condizionato dal rafforzamento dell'euro e dalla debole congiuntura economica europea. Queste considerazioni, assieme al crollo della domanda e
alla sempre maggior concorrenza esercitata dai paesi a basso costo, spiegano l'acutizzarsi della crisi per il settore moda italiano, in modo particolare per le aziende di subfornitura, la tessitura, la maglieria, le confezioni mentre reggono intimo, corsetteria, abbigliamento sportivo, pelletteria ed accessori.

LE IMPRESE
Nonostante le difficoltà nel settore continuano ad essere occupati oltre 19.000 addetti, l'80% di questi in imprese con meno di 50 dipendenti. In tutto si tratta di 3.345 imprese, il 72% artigiane, queste ultime con una mortalità (5,1%) più alta di quella complessiva. Una mortalità peraltro diversa da settore a settore: più colpito è il conto terzi, maggiormente esposto alla concorrenza "sleale", mentre tiene l'area del conto proprio. Si
avvertono anche i primi cedimenti delle aziende "private label", che perdono competitività nei confronti della grande distribuzione e dell'ingrosso organizzato. Reggono, invece, le imprese di progettazione, campionario, i ricamifici, le stamperie, gli accessori, i servizi legati alla logistica, e
quelle piccole imprese che hanno puntato sulla personalizzazione del servizio.

L'OCCUPAZIONE
Sono oltre 700 i posti di lavoro persi nel distretto, (-4% rispetto al 2002), peraltro difficilmente recuperabili nel medio periodo. Tiene, invece (+0,5%), l'occupazione indipendente (soci, collaboratori, ecc.). Diminuisce, rispetto al passato, l'utilizzo alla Cassa Integrazione e al Fondo di sostegno al reddito. Dunque, di fatto le imprese mantengono al proprio interno solo le professionalità indispensabili, come dimostra il fatto che per la prima volta diminuiscono sia gli operai che gli apprendisti.

IMPORT-EXPORT
L'eclatante calo, più alto del dato nazionale, delle esportazioni in importanti nazioni (Germania -26,3%, Regno Unito -53,8%, Francia -15,5%, Usa -31,9%) impone una riflessione: si tratta dell'effetto di dinamiche congiunturali (calo dei consumi, euro forte) o di una crisi del nostro modello di commercializzazione? Se diminuisce l'export, le importazioni aumentano, in particolare quelle dalla Cina (+29,5%) e dalla Turchia (+65%).

LA DISTRIBUZIONE
Questo elemento del marketing manifesta un buon dinamismo: negozi monomarca e catene internazionali continuano infatti ad incrementare i propri punti vendita. Sempre maggior peso acquisiscono i cosiddetti outlet, mentre regge sia la grande distribuzione che l'ambulantoriato. Segna invece il passo il
piccolo dettaglio indipendente.

IL 2004: LE PREVISIONI
Nonostante sia ormai trascorso il primo trimestre, le previsioni non sono positive: i segnali di recupero, infatti, sono modesti e limitati ad alcuni comparti. La tenuta della campagna ordini, ritornata a livelli di normalità, fa comunque sperare in un'inversione di tendenza, che potrebbe riflettersi
positivamente sui settori a monti della filera nel secondo semestre, per estendersi poi alle altre imprese nel 2005. Va peraltro sottolineato come le novità emerse nelle ultime proposte moda, sia in termini di creatività che di ricerca dei materiali, appaiono potenzialmente in grado di allargare i mercati di nicchia a beneficio delle nostre aziende.
Si tratta dell'ennesima occasione, forse una delle ultime, per il rilancio del distretto modenese del tessile-abbigliamento, che continua a rappresentare il 10% dell'economia locale e nel quale operano imprenditori che manifestano ancora voglia di reagire, come dimostra la sostanziale tenuta degli investimenti. Si tratta di speranze da alimentare anche attraverso alcuni interventi concreti, come quelli proposti di seguito da Federmoda CNA:

* LOTTA ALLA CONCORRENZA SLEALE: maggiori controlli doganali per contrastare contraffazioni ed importazioni illegali;
* TUTELA DEL MARCHIO MADE IN ITALY: approvazione tempestiva della normativa di applicazione del marchio Full Made in Italy e predisposizione delle risorse finanziarie necessarie al suo sostegno;
* REVISIONE DI ALCUNI PROVVEDIMENTI FISCALI: agevolazione della trasmissione d'impresa, riduzione dell'IRAP; modifica degli studi di settore;
* EXPORT ED INTERNAZIONALIZZAZIONE: elaborazione di un piano di sostegno attraverso servizi, attività ed informazioni;
* INNOVAZIONE E RICERCA: attraverso il supporto alla
creatività e all'innovazione con specifici provvedimenti coordinati tra Stato e Regioni;
* ETICHETTATURA D'ORIGINE: per permettere ai consumatori un'immediata riconoscibilità tra prodotti UE ed extraeuropei.
«Alcune di queste richieste non sono nuove - conclude Vanni Po, Presidente di Federmoda CNA di Modena - ma i segnali di attenzione emersi recentemente, dalla presa di posizione del Parlamento UE alla disponibilità al confronto prestata dai politici, ci fanno sperare che almeno questa volta le nostre
rivendicazioni possano portare a qualche risultato concreto».

domenica, marzo 21, 2004

IRAQ: ANCORA IN DUBBIO I DIRITTI UMANI

UN RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL FA IL PUNTO DELLA SITUAZIONE

A un anno dall'inizio della guerra all'Iraq, la promessa di migliorare la situazione dei diritti umani dei cittadini iracheni resta lungi dall'essere mantenuta: e' quanto dichiarato oggi da Amnesty International in occasione del lancio di un nuovo rapporto intitolato Iraq: un anno dopo. Dodici mesi dopo l'invasione dell'Iraq da parte delle forze della Coalizione guidata dagli Usa, la popolazione irachena subisce ancora gravi
violazioni dei diritti umani. Nell'anno appena trascorso, decine di persone disarmate sono rimaste uccise a causa dell'uso eccessivo o non necessario della forza cui la Coalizione ha fatto ricorso durante le manifestazioni, ai posti di blocco e nel corso di irruzioni in abitazioni private. Migliaia di persone sono state imprigionate, spesso in dure condizioni, e sottoposte a detenzione prolungata, sovente non ammessa dalle forze occupanti. Molti prigionieri sono stati torturati o maltrattati e alcuni sono morti in carcere.
Il rapporto contiene le informazioni raccolte da Amnesty International durante una serie di visite condotte in Iraq, sia nella fase immediatamente successiva al conflitto che durante tutto l'anno seguente e mette in luce la violenza quotidiana e l'insicurezza cui il popolo iracheno ha dovuto far fronte in questo periodo.
"La violenza e' endemica, sotto forma di attacchi da parte dei gruppi armati o di abusi da parte delle forze di occupazione. Milioni di persone hanno subito le conseguenze della distruzione e del saccheggio delle infrastrutture, della disoccupazione di massa e dell'incertezza circa il proprio futuro. Si nutre scarsa fiducia nel fatto che tutti i responsabili degli abusi dei diritti umani, sia passati che presenti, saranno consegnati alla giustizia" ha dichiarato Amnesty International.
"Dopo un anno di guerra, assenza di legge, violenza crescente e privazioni economiche, gli iracheni affrontano un futuro incerto. Affinche' il prossimo anno possa essere migliore di quello passato, le forze occupanti, i leader politici e religiosi iracheni e la comunita' internazionale dovranno impegnarsi realmente per proteggere e promuovere i diritti umani
in Iraq" ha aggiunto l'organizzazione.
A un anno dall'inizio del conflitto, i civili iracheni vengono ancora uccisi ogni giorno. Si stima che dal 18 marzo 2003, sia durante la guerra che durante l'occupazione che ne e' derivata, oltre 10.000 civili iracheni siano rimasti uccisi come conseguenza diretta dell'intervento militare in Iraq. Si tratta solo di una stima, dal momento che le autorita' non vogliono o non possono registrare le uccisioni. "Non siamo in grado di
registrare i dati relativi alle perdite civili" ha detto alla Reuters, un mese fa, il generale di brigata Usa Mark Kimmit.
Decine e decine di civili sono rimasti uccisi, apparentemente a seguito dell'uso eccessivo della forza da parte delle truppe Usa o sono stati colpiti a morte in circostanze dubbie. In diverse occasioni, i soldati Usa hanno ucciso decine di manifestanti iracheni: ad esempio, sette persone a Mosul il 15 aprile 2003, almeno 15 a Falluja il 29 aprile e 2 nei pressi del Palazzo della Repubblica a Baghdad il 18 giugno.
Nel novembre 2003, l'esercito Usa ha dichiarato di aver saldato con 1,5 milioni di dollari le richieste di risarcimento presentate dalle vittime o dai parenti delle vittime irachene ferite, uccise o che avevano denunciato danni alle proprieta'. Tra le 10.402 richieste presentate, diverse riguardano circostanze in cui i soldati Usa hanno aperto il fuoco, ferendo
o uccidendo civili iracheni senza motivo apparente. Tuttavia, al di la' di questi risarcimenti, non sono stati presi ulteriori provvedimenti a favore delle famiglie dei morti o dei feriti. Nessun soldato Usa e' stato sottoposto a inchiesta per aver ucciso illegalmente un civile iracheno. A seguito di un'ordinanza emessa nel giugno 2003, ai tribunali iracheni e' stato vietato di occuparsi di casi in cui sono coinvolti soldati Usa o di altri eserciti stranieri o funzionari stranieri presenti in Iraq. Praticamente, i soldati Usa stanno operando nella totale impunita'.
Amnesty International ha chiesto ripetutamente che tutte le uccisioni di civili da parte delle forze occupanti venissero indagate in maniera esauriente, indipendente e imparziale e che i responsabili di tutte le uccisioni illegali fossero consegnati alla giustizia. L'organizzazione non e' sinora a conoscenza dell'avvio di alcuna indagine indipendente.
I civili iracheni hanno anche dovuto affrontare il pericolo di attentati ad opera di gruppi armati, un pericolo sempre piu' presente nel panorama iracheno dall'inizio dell'occupazione. Gli attacchi hanno preso di mira l'esercito Usa, il personale delle forze di sicurezza irachene, le stazioni di polizia controllate dagli iracheni, leader ed edifici religiosi, operatori della comunicazione, organizzazioni non governative e agenzie delle Nazioni Unite e hanno causato la morte di centinaia di civili. Nella misura in cui questi attentati sono parte di un vasto e
sistematico attacco contro la popolazione irachena nel perseguimento degli obiettivi di un'organizzazione, essi costituiscono crimini contro l'umanita'.
Amnesty International ha chiesto ai gruppi armati di porre fine agli attacchi contro i civili e gli operatori delle agenzie umanitarie internazionali. L'organizzazione ha anche chiesto che i responsabili di questi crimini siano consegnati alla giustizia e trattati secondo gli standard internazionali in materia di diritti umani.
Sin dall'inizio del conflitto, Amnesty International ha ricevuto
informazioni relative ad arresti di civili iracheni, arrestati dalle forze della Coalizione in violazione dei diritti umani. Alcuni prigionieri sono stati detenuti senza accusa per mesi, molti sono stati torturati e maltrattati. Di fatto, nessuno ha potuto avere accesso a un avvocato, alla famiglia o alla revisione giudiziaria del proprio caso.
L'Autorita' Provvisoria della Coalizione ha ammesso la detenzione di circa 8.500 prigionieri. Tuttavia, un'organizzazione irachena per i diritti umani ha stimato in 15.000 il numero dei detenuti. Nella maggior parte dei casi, si tratta di cosiddetti "detenuti per motivi di sicurezza", ovvero persone coinvolte o che si presume siano coinvolte in attivita' contro la Coalizione.
Molti prigionieri hanno denunciato di essere stati torturati e sottoposti a maltrattamenti da parte delle truppe anglo-americane durante gli interrogatori. Secondo quanto riferito ad Amnesty International, fra i metodi piu' frequenti figurano le percosse, la privazione prolungata del sonno, l'obbligo di mantenere posizioni dolorose, a volte insieme all'esposizione a musica assordante o a fonti di luce abbagliante e all'incappucciamento. Nessuna denuncia di tortura o maltrattamento e' stata indagata adeguatamente.
L'assenza di legge e ordine continua ad essere assai preoccupante in molte zone dell'Iraq. I delegati di Amnesty International hanno ricevuto testimonianze di prima mano sull'impatto devastante che l'assenza della legge sta avendo sulla vita quotidiana degli iracheni, in particolare per quanto riguarda saccheggi, uccisioni per vendetta, rapimenti o violenza
sulle donne.
"Assicurare la giustizia e' fondamentale per le innumerevoli vittime delle violazioni dei diritti umani in Iraq. Gli iracheni hanno subito decenni di gravi violazioni da parte del proprio governo cosi' come abusi commessi durante gli svariati conflitti, compreso l'ultimo con le sue conseguenze".
"Occorrono modifiche fondamentali in ambito legale, giudiziario e penale.
I diritti umani devono essere al centro di tutti gli sforzi di
riorganizzazione e ricostruzione dell'Iraq. Venir meno all'obbligo di proteggere pienamente i diritti umani durante questo periodo di transizione, sarebbe un tradimento nei confronti del popolo iracheno, che ha sofferto cosi' tanto nel passato", ha dichiarato Amnesty International.

mercoledì, marzo 10, 2004

D'ARRIGO IN DELTAPLANO A QUOTA 7814

Angelo D'Arrigo, il noto pilota di deltaplano impegnato nell'ambizioso progetto ecologico di seguire in volo le rotte di migrazione dei rapaci, dopo essere stato trainato fino a 7.000 metri, ha toccato quota 7814 mt, altezza mai raggiunta con tale mezzo. L'episodio è avvenuto sopra il Terminillo; dopo il decollo dall'aeroporto militare di Guidonia, il deltaplano di D'Arrigo si è sganciato dal traino di un apparecchio ultraleggero ed è rientrato sulla pista di Guidonia dopo oltre due ore di volo
L'impresa di D'Arrigo rientra in un complesso programma di test su mezzi ed attrezzature in vista del prossimo sorvolo dell'Everest. Infatti il quarantaduenne pilota siciliano ha in programma questa nuova tappa del suo progetto iniziato tempo addietro seguendo i rapaci nel Sahara ed attraverso il Canale di Sicilia e seguito lo scorso anno dalla "Siberian Migration", un volo lungo 5500 km per guidare la grande migrazione di una specie di gru in via d'estinzione, le Siberian Cranes, dalla Siberia alle rive del Mar Caspio.
Prima del test in volo sono state effettuate prove a terra, grazie anche all'appoggio della Aeronautica Militare. In una camera ipobarica del Centro Sperimentale Medicina Aerospaziale di Pratica di Mare è stata simulata un'ascesa fino a quota 13100 mt che, se è consueta per chi vola nelle cabine pressurizzate degli aerei, non lo è affatto per chi l'affronta appeso alle ali di un deltaplano, sebbene protetto da speciali tute isotermiche. La A.M. ha anche assistito il pilota durante il recente test in volo.
Invece, in una camera climatica dei laboratori FIAT, è stato simulato un volo a - 42,5° e con 130 km/h di vento, valori molto vicini a quelli reali in alta quota.
Le varie prove a terra ed in volo mirano ovviamente a sottoporre le attrezzature alle condizioni che si riscontreranno durante il sorvolo dell'Everest: il freddo agisce sui materiali rendendoli più fragili, mentre con l'altitudine e la rarefazione dell'aria aumentano i rischi di ipossia, vale a dire la mancanza di ossigeno al cervello, tanto che il pilota ha testato anche due sistemi di respirazione artificiale, uno primario ed uno di soccorso, quello che in caso di necessità gli permette di scendere velocemente a quote più vivibili.

venerdì, marzo 05, 2004

HAITI: NON RIPETERE GLI ERRORI DEL PASSATO

Solo apprendendo dagli errori compiuti in occasione dell'intervento multinazionale di dieci anni fa, la comunita' internazionale sara' in grado di proteggere i diritti umani dei cittadini di Haiti. Lo ha dichiarato Amnesty International, chiedendo al Consiglio di sicurezza dell'Onu di considerare cinque richieste fondamentali sui diritti umani in occasione dell'attuale dispiegamento della Forza multinazionale ad interim
(Mif). Il Consiglio di sicurezza ha dato mandato alla Mif di aiutare le forze di sicurezza haitiane 'a stabilire e mantenere l'ordine pubblico, la legge e il controllo ed a promuovere e proteggere i diritti umani'.
Significativamente, la risoluzione del Consiglio di sicurezza precisa che 'saranno accertate le responsabilita' individuali e non vi sara' impunita' per i violatori [dei diritti umani]'. Sulla base di questi impegni, Amnesty International ha formulato le seguenti cinque richieste:
1. La Mif dovra' impegnarsi ad assicurare il disarmo tanto dei ribelli quanto delle milizie fedeli ad Aristide. Il mancato disarmo delle forze militari e paramilitari nel 1994 e' stato una causa determinante della successiva violenza politica.
2. La Mif dovra' garantire che persone note per aver violato i diritti umani e su cui pendono condanne - come i capi dei ribelli Louis Jodel Chamblain e Jean Pierre Baptiste ('Jean Tatoune') - siano catturate e sottoposte a processo nell'ambito del sistema giudiziario dell'isola.
3. La comunita' internazionale dovra' assicurare che in alcun modo le persone condannate o implicate in gravi violazioni dei diritti umani assumano posizioni di potere, tanto in un governo di transizione quanto nelle forze di sicurezza, ambiti in cui potrebbero commettere ulteriori violazioni dei diritti umani.
4. La Mif dovra' collaborare per far si' che coloro che, su entrambi i fronti, si sono resi responsabili di violazioni dei diritti umani siano sottoposti a processo. Solo in questo modo la legge potra' essere rispettata e il ciclo di violenza avra' termine.
5. Accanto alla Mif e al personale di polizia, dovra' essere dispiegato urgentemente personale civile internazionale, incaricato di verificare il rispetto dei diritti umani. Questo personale agira' come deterrente per impedire ulteriori abusi e assicurera' la raccolta e la trasmissione di accurate e dettagliate informazioni sulla situazione dei diritti umani ad Haiti.

Ulteriori informazioni

Uno dei capi dei ribelli, Louis Jodel Chamblain, fu condannato in
contumacia, nel settembre 1995, insieme ad altri militari e paramilitari, ai lavori forzati a vita per l'assassinio di un attivista per la democrazia, Antoine Izmery, avvenuto nel settembre 1993. Per evitare la condanna, Chamblain riparo' in esilio. In seguito, ricevette un'altra condanna ai lavori forzati per la sua partecipazione al cosiddetto 'massacro di Raboteau' del 1994. Un altro leader ribelle, Jean Pierre Baptiste (noto anche come 'Jean Tatoune'), all'epoca capo di un gruppo paramilitare, fu condannato ai lavori forzati a vita sempre per il 'massacro di Raboteau'. Nell'agosto 2002 fuggi' dalla prigione di Gonaives, dove stava scontando la pena.
Sia Louis Jodel Chamblain che Jean Pierre Baptiste hanno fatto parte dell'organizzazione paramilitare FRAPH, formata dai militari che governarono di fatto Haiti dopo il colpo di Stato del 1991 che depose l'allora presidente Aristide. Il FRAPH si rese responsabile di gravi violazioni dei diritti umani prima del ristabilimento di un governo democratico, avvenuto nel 1994.

mercoledì, marzo 03, 2004

VA MALE IL COMMERCIO MODENESE

Nell'analisi semestrale dell’Osservatorio Economico Confesercenti Modena l'andamento dei dati economici e la propensione all’innovazione

L’Osservatorio economico di Confesercenti Modena ha stilato il “Rapporto sull’andamento della rete commerciale di Modena” che analizza i dati contabili delle piccole e medie imprese commerciali della provincia di Modena, rilevati a cadenza semestrale, completati da una indagine qualitativa telefonica per raccogliere informazioni sulla propensione alla innovazione, tecnologica e dell’ambiente di lavoro, e sull’utilizzo della comunicazione per il proprio lavoro.

Analisi quantitativa Andamento dei dati economici

L’andamento degli occupati negli anni 2002-2003 è improntato alla stabilità per numero totale e per tipologia, con un leggero incremento delle collaborazioni coordinate continuative rispetto al numero dei dipendenti e dei soci-titolari collaboratori.
I ricavi complessivi degl’anni 2001 e 2002 evidenziano un incremento (+0.37%), ben lontano dal recuperare l’inflazione registrata nel corso del 2002 (+ 2.4%). Anche analizzando la differenza fra il primo semestre 2001 e il primo semestre 2003 si registra un +1,59%, al disotto della crescita inflativa registrata nel periodo (+ 4,8%), segno di una significativa perdita nelle vendite. Nel confronto fra i secondi semestri, la flessione è ulteriormente accentuata con un calo anche nel valore assoluto dei ricavi dell’1,6% (a questa percentuale occorre aggiungere l’inflazione).
Al risultato negativo concorrono tutti i settori con l’eccezione del settore alimentare, limitatamente alla media distribuzione.
Il risultato non ha variazioni di rilievo nelle diverse zone della provincia anche se Carpi (-3,32%), Sassuolo (-5,61%) e Pavullo (-8,97%) diminuiscono in modo più marcato, rispetto alla Bassa e a Modena. Vignola ha un trend di ricavi positivo, determinato dal settore alimentare.
Tutto il settore abbigliamento e calzature (totale di settore -7,18%), segna una crisi sia nella fascia alta che nella fascia media e l’abbigliamento di fascia bassa contiene la crisi (0,24%) per il probabile effetto di uno spostamento di consumatori tra le fasce.
Per il settore alimentare (totale di settore +8,1%) l’analisi è stata effettuata secondo la dimensione dell’esercizio. Negli anni 20021 e 2002 i ricavi aumentano dell’1,55% nei negozi con superficie inferiore a 100 mq, dell’1,78% in quelli con superficie fra 100 e 250 mq, mentre le aziende con superficie superiore a 250 mq, segnano un deciso +7,50%.
Nei pubblici esercizi (totale di settore –5,8%), il calo ha colpito maggiormente i Bar (-3,54%) rispetto ai ristoranti (-0,03%).
Fra gli altri settori, si registrano perdite pesanti nei prodotti per la persona (-7,53%), e comunque significative nei prodotti per la casa (-1,44%).
L’andamento negativo degli ammortamenti diminuito dell’1,5% nel biennio 2001-2002 è indicato della diminuita propensione all’investimento delle imprese commerciali.

Analisi qualitativa - Propensione all’innovazione

Indagando la presenza di strumenti tecnologici in azienda, l’Osservatorio Economico di Confesercenti, ha verificato come il fax e il POS, strumenti tecnologici più vecchi, sono ormai presenti in azienda (il 39,2% che non ha il fax utilizza la posta elettronica come strumento per comunicare; chi non ha il POS generalmente è perché la sua attività non lo richiede), mentre la presenza del personal non è ancora sviluppata, così come solo una minoranza ha un sito web.
Il commercio elettronico ancora è una realtà lontana: solo il 12% delle imprese usa il personal per avere rapporti con i propri clienti, mentre la maggioranza usa il personal per rapportarsi con i propri fornitori (53%), o con finalità amministrative (35%).
L’introduzione di nuovi strumenti tecnologici e d’attività non è visto dagli imprenditori commerciali come prioritario per il prossimo futuro. Quasi i tre quarti delle imprese non prevede investimenti in questa direzione e ancora una volta il commercio elettronico e l’apertura di siti web non sono considerati importanti.
Passando alle strategie di comunicazione si nota che un quarto delle imprese ha rinnovato il locale da meno di 5 anni, un quarto da 5 a 10 anni, ma un terzo non rinnova il proprio locale da più di 15 anni, segno di una staticità alta nell’investimento in struttura/immagine.
Altro dato preoccupante è che oltre la metà del campione (55%) non investe, se non saltuariamente, in pubblicità e, tra i mezzi, il giornale e volantini sono quelli più utilizzati.
Un ultimo dato interessante è che oltre un quarto del campione appartiene ad un’associazione di via ed utilizza i piani di comunicazione dell’associazione per pubblicizzare la propria attività in modo esclusivo o aggiuntivo alla propria comunicazione.

Conclusioni

Nel biennio 2001 2002 la piccola e media impresa commerciale modenese ha segnato un calo in tutti gli indicatori economici. All’interno di questa crisi abbastanza omogenea in tutto il territorio provinciale, vi sono settori che la subiscono maggiormente: abbigliamento, pubblici esercizi, mentre il settore alimentare, di maggiore dimensioni, riesce a reagire.
Di fronte alla crisi, e quindi al calo di risorse disponibili, l’imprenditoria commerciale reagisce diminuendo i costi, in modo particolare quelli dedicati agli investimenti strutturali.
La leva della comunicazione aziendale è ancora poco utilizzata ed è vissuta più come costo che non vero e proprio investimento.
La tecnologia non è ancora vista come elemento strategico per l’impresa, sia nella gestione che per comunicare e sviluppare la propria clientela.

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