venerdì, luglio 09, 2004

LA NAVE CAP ANAMUR E IL DIRITTO INTERNAZIONALE

UNA NOTA ESPLICATIVA DI AMNESTY INTERNATIONAL

La nave di bandiera tedesca Cap Anamur si trova attualmente al largo di Porto Empedocle, nella zona contigua, con a bordo 37 profughi non identificati, probabilmente provenienti dal Sudan (36) e dalla Sierra Leone (1), che sono stati salvati in mare in acque internazionali. La nave lambisce da giorni le acque territoriali italiane senza poterle attraversare per un divieto espresso su ordine dal ministero dell'Interno (insieme alla controparte tedesca), che ha dichiarato di ritenere «assolutamente doveroso il rispetto della norma internazionale che impone la presentazione della domanda d'asilo nel luogo di primo approdo (in questo caso Malta) dei presunti profughi (?) Una deroga, seppure per motivi umanitari, a questa norma costituirebbe un pericoloso precedente e potrebbe aprire la strada a numerosi abusi».
Su tutta una serie di fatti sono apparse notizie contraddittorie: riguardo all'eventuale attraversamento del mare territoriale maltese, da parte della Cap Anamur, con a bordo i profughi/naufraghi; se la nave avesse oppure no ottenuto il permesso di attraccare in territorio italiano; se essa abbia o meno dichiarato l'SOS nel chiedere l'ingresso in Italia; se, infine, il capitano abbia o meno inviato una lista di passeggeri naufraghi alle autorita' italiane.
Amnesty International intende evidenziare i seguenti aspetti fondamentali:
* Il diritto internazionale del mare stabilisce che un naufrago salvato abbia diritto ad essere sbarcato 'nello scalo successivo'. Scalo successivo non significa 'approdo piu' vicino in miglia nautiche', ma quello che la valutazione professionale del capitano della nave ritiene essere il prossimo punto in cui e' conveniente sbarcare, tenuto conto anche della rotta della nave.
* Il diritto internazionale dei rifugiati stabilisce che nessuno possa essere indiscriminatamente ed indistintamente respinto alla frontiera: e' un corollario del principio di non refoulement, non respingimento, che esige che chiunque si presenti alla frontiera sia quanto meno identificato ed abbia diritto ad accedere alla procedura di asilo. Solo tramite l'identificazione di ciascun profugo/naufrago si puo' rendersi conto di quali sono i Paesi verso cui tale persona non puo' essere in alcun modo rimpatriata/diretta, in base all'art. 33 della Convenzione di Ginevra. Nella situazione attuale, quello delle autorita' italiane equivale ad un illegittimo respingimento collettivo alla frontiera, in violazione della Convenzione di Ginevra sullo Status di Rifugiato.
* Il regolamento CE 343/2003 del Consiglio dell'Unione Europea del 18 febbraio 2003 (il cosiddetto Dublino II, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame della domanda d'asilo), al quale sembrano riferirsi i Ministri Pisanu e Schilly, puo' trovare applicazione solo dopo che i richiedenti asilo abbiano presentato domanda in uno Stato dell'Unione.
Il caso della Cap Anamur e' esemplificativo dell'atteggiamento generale dell'Unione Europea e del Governo italiano sul tema dei rifugiati: il pericolo di 'creare un precedente' vagheggiato dai due ministri e' quello di creare un precedente di corretta applicazione del diritto internazionale. Cio' che comunica questo atteggiamento e' un indecoroso spregio per le piu' elementari norme del diritto internazionale e del diritto dei diritti umani.
Amnesty International, insieme alle organizzazioni Ics e Medici senza Frontiere, ha espresso oggi al ministro Pisanu, sollecitando un incontro immediato, la propria preoccupazione per le violazioni del diritto internazionale marittimo e del diritto internazionale dei rifugiati che si stanno configurando in capo al governo italiano.
* In particolare, ad una nave con naufraghi a bordo deve essere sempre data la possibilita' di accedere al porto, senza che si possa rifiutare l'approdo in ragione del fatto che non era il punto piu' vicino al punto di salvataggio. Di certo, di fronte alle acque territoriali, il punto piu' vicino di salvataggio adesso e' Porto Empedocle. E' uno, infatti, il principio fondamentale che l'Italia e' tenuta a rispettare: gli Stati devono facilitare lo sbarco dei naufraghi, a prescindere dal loro status. I 37 sulla Cap Anamur devono quindi poter scendere a terra prima possibile e ottenere adeguata protezione.
* In secondo luogo, in base al diritto internazionale dei rifugiati ed al Regolamento di Dublino II, deve essere dato regolare accesso alla procedura di richiesta di asilo a tutti coloro che desiderino beneficiarne. Affinche' cio' avvenga, deve essere consentito ai 37 profughi di entrare nel territorio italiano e poter presentare la domanda sulla terra-ferma. Sarebbe infatti contraria allo spirito della Convenzione di Ginevra un'analisi delle domande a bordo della nave, ancorche' essa entrasse in acque territoriali, per l'assenza di tutte le dovute garanzie (ad es. interpreti).
* Se non vengono rispettati i suddetti criteri, il governo italiano e' responsabile della violazione del diritto internazionale sotto i vari profili illustrati - conclude Amnesty International.

martedì, luglio 06, 2004

I NUOVI AMMINISTRATORI DI MODENA CITTÀ

Dodici gli assessori, solo una riconferma, quattro le donne

Il sindaco Giorgio Pighi ieri sera durante la prima seduta del Consiglio comunale di Modena al termine della lettura della sua relazione programmatica ha diffuso i nomi dei componenti della Giunta da lui presieduta. Ecco i nomi dei nuovi assessori:
Mario Lugli (Margherita) sarà vicesindaco e assessore alle Politiche culturali e al Turismo, Giorgio Razzoli (Margherita) avrà invece le deleghe sulle Politiche economiche, Osservatorio prezzi, Società partecipate e Lavoro. Elisa Romagnoli (Rifondazione) avrà l’assessorato alle Politiche giovanili e Cittadinanza europea. Daniele Sitta (Ds) sarà invece assessore alla Programmazione e gestione del territorio, Infrastrutture e mobilità, Politiche abitative, Simona Arletti (Ds) agli Affari generali, Decentramento, Politiche per la Salute e Pari opportunità, Stefano Bonaccini (Ds) a Lavori Pubblici, Manutenzione viaria, Promozione della città e Centro storico, Francesco Frieri (Rifondazione) a Bilancio e Partecipazione. Francesca Maletti (Margherita) sarà assessore alle Politiche sociali e all’Integrazione, Antonino Marino (Ds) a Sport e Patrimonio, Gualtiero Monticelli (Comunisti italiani) a Personale e Polizia municipale, Gianfranco Orlando (Sdi) alle Politiche ambientali, infine Adriana Querzè (Ds) all’Istruzione e alle Politiche per l’infanzia, Autonomia scolastica e Rapporti con l’Università.

sabato, luglio 03, 2004

IRAQ: IL PROCESSO A SADDAM HUSSEIN DEVE ESSERE EQUO

Amnesty International e' profondamente preoccupata per l'assenza di avvocati della difesa e per l'evidente censura riscontrate durante la prima comparizione in giudizio ieri di Saddam Hussein e degli altri 11 esponenti del governo dell'ex presidente.
«L'inizio dei procedimenti legali che dovranno determinare la
responsabilita' per una serie di crimini considerati genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanita' commessi negli ultimi trent'anni, dev'essere accolto positivamente. Tuttavia, per rendere giustizia alle migliaia di vittime, i procedimenti devono essere equi, imparziali e trasparenti» ha dichiarato Amnesty International.
L'organizzazione e' particolarmente allarmata perché nell'audizione di ieri non e' stato messo a disposizione dell'imputato un avvocato difensore. Sebbene il giudice abbia detto che in futuro sara' concesso a Saddam Hussein di avvalersi della difesa legale, sia lui che gli altri imputati devono poter godere del proprio diritto alla rappresentanza legale fin dall'inizio del processo.
Anche le evidenti restrizioni, o censure, di alcune udienze di ieri sono oggetto di grave preoccupazione. Sebbene in seguito alcuni dei suoi commenti siano stati trasmessi, il fatto che inizialmente il suono della voce di Saddam Hussein non fosse udibile, ha fatto nutrire dubbi sul controllo del procedimento.
Informare liberamente del processo e' di straordinaria importanza. Mentre l'accesso del pubblico all'aula giudiziaria puo' essere impraticabile a causa di ragioni di sicurezza, lo svolgimento dei procedimenti deve poter essere riportato da una molteplicita' di mezzi di comunicazione in rappresentanza dei piu' diversi contesti culturali. Alla luce di questo, Amnesty International e' sgomenta alla notizia che durante l'audizione soltanto i giornalisti delle testate statunitensi siano stati fatti entrare nell'aula. E' essenziale che il processo a Saddam Hussein e agli altri imputati sia equo e pubblico affinché gli iracheni e la comunità internazionale possano vedere che si sta facendo giustizia.

venerdì, luglio 02, 2004

DARIO FO RACCONTA IL DUOMO DI MODENA

Il Premio Nobel Dario Fo: “Il Duomo di Modena: un monumento unico nella storia”

Il Premio Nobel Dario Fo dedica il suo nuovo spettacolo (il 19 e il 20 luglio in piazza Grande a Modena) al duomo di Modena.
“Il Duomo di Modena è un libro di pietra, come scrive Giordano Trovabene, ed è anche qualche cosa di più della Biblia pauperum, cioè una bibbia dei poveri, come la definivano i romantici dell’Ottocento. Questa è la bibbia di un popolo sulla quale è scritta un’epopea dedicata alla presa di coscienza di una intiera comunità; non solo nel senso di popolazione, ma di collettività nella quale sono rappresentate tutte le classi, a partire dalle più umili, che hanno dimostrato di sapersi rendere libere e guadagnare il diritto di contare anche come individui attivi. Un libro che cercheremo di leggere insieme”.
E’ quanto promette Dario Fo introducendo la lezione-spettacolo che diventerà anche un libro scritto ed illustrato dal premio Nobel: Il tempio degli uomini liberi. Il Duomo di Modena, pubblicato da Franco Cosimo Panini Editore (con le fotografie del Duomo di Modena di Ghigo Roli, tratte dal volume Il Duomo di Modena, Mirabilia Italiae edito dallo stesso editore).
Le serate modenesi si preannunciano come un affascinante viaggio, innanzitutto, nelle vicende storiche in cui si dibatte Modena dal IX fino all’XI secolo, quando “gli abitanti della città si trovavano letteralmente circondati da gruppi di potere”: le proprietà dei marchesi di Canossa che giungono sino alla Toscana, e il monastero di Nonantola, nei cui possedimenti pascolano liberi più di mille maiali, e “qualche anima sarcastica assicurava che il sogno di tutti i servi della gleba di quel territorio era quello di nascere maiali”. Gli imperatori sono in continuo conflitto con la Chiesa e le lotte per assumere il potere e i diritti di investitura di vescovi e valvassori sono all’ordine del giorno. In questo “bailamme”, i cittadini di Modena “approfittando del vuoto di potere e controllo sia regio che papale, iniziano la costruzione del loro Grande Duomo ad opera dell’architetto Lanfranco” (è la prima delle grandi opere del passato di cui vengono chiaramente indicati i nomi di architetto, scultore e magister scholarum).
Come avviene per molte delle produzioni artistiche di Dario Fo, la preparazione prevede la lettura delle fonti storiche e lo sbuffo della fantasia, la scrittura di testi, dialoghi e la realizzazione di disegni. Tutto confluirà in due serate molto particolari nelle quali un moderno e originale Premio Nobel restituirà la sua personale lettura di un antico monumento che esprime abilità artistica e creatività popolare. Dario Fo, grazie alla sua inimitabile capacità istrionica, accompagnerà il pubblico tra i bassorilievi del Wiligelmo con una personale rilettura delle Storie della Genesi, sino a svelare allegorie e metafore nascoste tra le pieghe di pietra dei telamoni (“i due sorreggitori che urlano: Aiutateci”), le lastre scolpite della facciata e dei portali, i capitelli del tempio, scoprendovi le figure abnormi e mostruose dell’immaginario medioevale, ma soprattutto tante altre dedicate al lavoro quotidiano degli uomini. Al punto da far dire al Premio Nobel Dario Fo: “Il fatto che sui portali del tempio di Modena si sia dedicata tanta importanza al lavoro dei contadini e degli artigiani ha fatto di questa cattedrale un monumento quasi atipico, unico nella storia”.

3 LUGLIO, GIORNATA DELLE COOPERATIVE

“Le Cooperative per una globalizzazione equa: creare opportunità per tutti”: così recita il tema scelto congiuntamente dall’ACI (Alleanza Cooperativa Internazionale) e dall’ONU per la celebrazione, sabato 3 luglio 2004, della “Giornata Internazionale delle Cooperative”: un riconoscimento che richiama l’attenzione sul contributo che le cooperative svolgono nel modellare una globalizzazione a beneficio di tutta la popolazione mondiale, non solo di pochi privilegiati.
Oggi le cooperative, infatti, associano più di 800 milioni di persone e offrono grandi opportunità di lavoro, maggiori e più qualificate di quelle offerte dalle multinazionali, che della globalizzazione sono i primi simboli e beneficiari.
Sebbene le cooperative abbiano “focalizzato” la loro attività sui bisogni locali dei soci e delle loro comunità, esse sono collegate attraverso una rete di società e associazioni e cooperano a livello globale, condividendo un insieme di valori e principi applicati a livello internazionale. Ad esempio, le cooperative stanno globalizzando le proprie attività attraverso cooperative transnazionali che, proprio nel rispetto dei diritti e delle aspirazioni delle comunità locali, sono economicamente competitive con le imprese multinazionali. Anche le iniziative del commercio equo e solidale includono una componente cooperativa, spesso sia a livello di produzione che di distribuzione, consentendo in questo modo ai produttori più piccoli di avere accesso ai mercati globali. “Ma molto di più può esser fatto – scrive il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, nel suo messaggio per la Giornata Internazionale delle Cooperative – Lo sviluppo delle relazioni internazionali tra cooperative locali è importante per condividere informazioni sia in ambito imprenditoriale che finanziario, e per ampliare le opportunità di mercato. Laddove ha significato, le fusioni tra cooperative all’interno dei vari settori può contribuire a ridurre i costi, ad accrescere le efficienze e ad aumentare il potere d’acquisto. Parallelamente, devono essere esplorate nuove forme di capitalizzazione”. E continua: “I Governi e le Organizzazioni internazionali devono assicurare che le cooperative e le entità imprenditoriali più piccole godano di condizioni paritarie negli ambiti economici e politici. Quindi diventano vitali politiche e normative che sostengano e conducano alla crescita e all’adattamento delle cooperative ai nuovi scenari. Da parte sua, la famiglia ONU continuerà a giocare un ruolo attivo come membro del Comitato per la Promozione e l’Avanzamento delle Cooperative”.
“Quello del primo sabato di luglio – spiega Roberto Vezzelli, Presidente di Legacoop Modena – è ormai un appuntamento storico. Fu istituito 82 anni fa dall’Alleanza Cooperativa Internazionale, che oggi associa centinaia di associazioni cooperative sparse in 100 Paesi del mondo; dieci anni fa anche l’ONU (di cui l’ACI è organizzazione consultiva di prima categoria) proclamò solennemente ogni primo sabato di luglio “Giornata Internazionale delle Cooperative” per sottolinearne il ruolo complessivo di risposta imprenditoriale e la capacità di sostegno alle attività di progetto del sistema ONU. E il tema scelto quest’anno per i Messaggi celebrativi di Kofi Annan, Segretario Generale dell’ONU, e di Ivano Barberini, Presidente dell’ACI,(I Messaggi originari sono a disposizione presso Legacoop Modena n.d.r.), evidenza proprio il contributo che le cooperative stanno apportando agli sforzi globali per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio. Tra questi una globalizzazione che crei opportunità per tutti”.
“E’ un riconoscimento importante. Un riconoscimento – aggiunge Vezzelli – che a Modena stiamo festeggiando coi fatti.”
Proprio in questi giorni, infatti, le 186 imprese cooperative aderenti a Legacoop Modena stanno terminando la presentazione dei loro bilanci economici e sociali 2003 e delle prospettive di sviluppo. I risultati sono incoraggianti.
“Nel 2003 è innanzitutto aumentata la base sociale delle cooperative (+ 7,7% sul 2002), raggiungendo le 546.000 unità. Di questi soci, - sottolinea il Presidente di Legacoop Modena – ben 280.000 sono cittadini modenesi e la loro crescita conferma la fiducia nella funzione cooperativa.
E’ inoltre cresciuta la ricchezza prodotta e distribuita; i ricavi 2003 hanno raggiunto i 4.820 milioni di euro: + 9% sul 2002. Anche il patrimonio netto è aumentato dell’8%, arrivando a 1.442 milioni di euro. E il capitale sociale delle cooperative a 291 milioni.
E’ cresciuta anche la solidarietà esterna, che rappresenta il contributo cooperativo agli aiuti internazionali, alle emergenze sociali e ai progetti culturali ed imprenditoriali del territorio. Se alla “visibilità” dell’impegno sociale di Coop Estense e Nordiconad aggiungessimo anche il restante “iceberg” cooperativo, potremmo calcolare in almeno due milioni di euro l’importo complessivo di tale attività”.
“E’ ulteriormente aumentato anche il contributo cooperativo all’occupazione – conclude Vezzelli – Nel 2003 le 186 cooperative aderenti a Legacoop Modena hanno raggiunto i 20.700 occupati (15.928 sono modenesi), con un aumento medio del +2% sul 2002. E’ un risultato di cui andare orgogliosi perché conferma un trend positivo che, non solo a Modena, dura da molti anni. Basti pensare che le analisi sui dati nazionali ISTAT degli ultimi 25 anni evidenziano per le imprese cooperative un incremento occupazionale del +200%; negli stessi settori di attività quello dell’imprenditoria privata si limita al + 20%…”
Anche solo la concretezza dei numeri, pertanto, sta confermando il modello cooperativo come strumento di sviluppo e come risorsa per la comunità. E sarà questa certezza, pertanto, il filo conduttore dei festeggiamenti di sabato 3 luglio: “Giornata Internazionale delle Cooperative”.

giovedì, luglio 01, 2004

SUDAN: I RESPONSABILI DEI CRIMINI DI GUERRA DEVONO RISPONDERE DEL LORO OPERATO

CHIEDE AMNESTY INTERNATIONAL

In occasione dei colloqui del Segretario di Stato Usa Colin Powell e del Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan con il presidente sudanese Omar al-Beshir, Amnesty International ha chiesto che sia posta fine all'impunita' per i responsabili della tragedia umanitaria e dei diritti umani in atto in Sudan.
La responsabilita' di assicurare la giustizia in Sudan resta principalmente nelle mani del governo sudanese. Tuttavia,l'intera
comunita' internazionale ha il dovere di lottare contro l'impunita' consegnando alla giustizia gli autori di crimini di diritto internazionale attraverso l'esercizio della giurisdizione universale. Assicurare la giustizia significa indagare sulle denunce di crimini di guerra e crimini contro l'umanita', incriminarne gli autori, chi li ha ordinati e chi vi ha collaborato, celebrare processi equi senza pena di morte e assicurare il risarcimento delle vittime.
«L'impunita' per gli abusi dei diritti umani alimenta solo ulteriori violazioni. Coloro che sono stati uccisi, stuprati, rapiti e costretti ad abbandonare il Darfur sanno che gli autori di analoghi crimini commessi nei monti Nuba e nel sud, sono rimasti impuniti. Se non si riconosce la responsabilita' di coloro che compiono crimini di guerra, non ci sara' mai pace in Sudan» ha dichiarato Amnesty International.
«Lo stupro e le uccisioni commesse dalle milizie filo-governative Janjawid nel Darfur costituiscono crimini di guerra. Le uccisioni sistematiche e diffuse, gli stupri e lo sfollamento forzato sono crimini contro l'umanita'. Crimini di guerra e crimini contro l'umanita' sono stati commessi anche nel Sudan meridionale da tutte le parti in conflitto» ha aggiunto l'organizzazione.
Il 19 giugno il presidente Omar al-Bashir ha dichiarato in televisione che avrebbe sottoposto a controllo e perseguito tutti i gruppi illegali, come i Janjawid, consegnandoli alla giustizia. Nei loro colloqui con al-Bashir, il Segretario di Stato Usa Colin Powell e il Segretario Generale dell'Onu Kofi Annan devono chiedere che cio' sia fatto immediatamente.
Durante i 20 anni di guerra nel sud, le forze armate sudanesi e le milizie sostenute dal governo hanno ucciso, stuprato e rapito migliaia di sudanesi. Allo stesso tempo, l'Esercito popolare di liberazione del Sudan (Spla), le milizie alleate a questo gruppo armato ed altre milizie indipendenti hanno ucciso e stuprato con uguale impunita'.
Mentre i negoziati di pace tra il governo sudanese e lo Spla andavano avanti pur con difficolta' dopo il 2002, Khartoum ha sostenuto gli attacchi delle milizie Janjawid nei confronti dei gruppi etnici del Sudan occidentale i quali, denunciando l'emarginazione e la carenza di protezione, avevano costituito un Esercito sudanese di liberazione. Oggi, un milione di profughi interni nel Darfur devono fronteggiare fame e malattie. Altri 130.000 sono fuggiti in Ciad.
Il 5 giugno 2004, dopo due anni di negoziati, e' stata finalmente siglata la pace tra il governo del Sudan e lo Spla. Ma i protocolli sui quali si e' basato l'accordo di pace non fanno riferimento alla responsabilita' penale per le gravi violazioni dei diritti umani del passato.
«Tollerando questa impunita' il governo e lo Spla, cosi' come i mediatori e gli osservatori del processo di pace nel sud del paese, accettano che il diritto internazionale umanitario possa essere violato senza conseguenze» ha affermato Amnesty International.
Amnesty International ha ripetutamente chiesto il dispiegamento di osservatori sui diritti umani nel Sudan meridionale col compito di indagare sulle denunce di gravi violazioni dei diritti umani e di chiamare gli autori di abusi dei diritti umani a rispondere delle proprie azioni.
Rispetto al conflitto nel Darfur, Amnesty International chiede:
- una commissione internazionale di inchiesta per esaminare le prove di crimini di guerra, crimini contro l'umanita' e altre violazioni del diritto internazionale umanitario, cosi' come denunce di genocidio;
- l'immediato dispiegamento di osservatori per i diritti umani in numero sufficiente e con le risorse necessarie per indagare e riferire sulle gravi violazioni dei diritti umani;
- il disarmo e lo scioglimento delle milizie Janjawid, a cui occorre impedire una volta per tutte di compiere abusi nei confronti della popolazione civile.
Il Sudan ha siglato, ma non ratificato, lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale. Tra i suoi primi atti il nuovo governo, basato sulla divisione del potere stabilita dall'accordo di pace di Nairobi tra il governo e lo Spla, deve ratificare lo Statuto di Roma. Questo gesto trasmettera' al popolo sudanese il segnale che le orribili violazioni del diritto umanitario e dei diritti umani commesse per oltre 20 anni non saranno piu' accettate.

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