mercoledì, febbraio 06, 2008

RICORDO DI MARIO PECORARO: COSÌ MUORE UN INTELLETTUALE NELLA CIVILE MODENA

Mario Pecoraro, studioso e giornalista carpigiano, è morto lo scorso 29 gennaio al Policlinico di Modena per arresto cardiaco conseguente ad insufficienza renale, dopo un mese di coma. Le sue ceneri riposano al cimitero di Carpi, nella tomba di famiglia dell’amata moglie. Nato il 13 ottobre 1946 a Calimera (Lecce), Pecoraro si era trasferito a Carpi una quarantina di anni fa, insegnando materie letterarie nelle scuole medie, inserendosi attivamente nel dibattito politico e culturale locale con i suoi articoli su giornali come Luce, il Giornale, Gazzetta di Carpi, ModenaStoria, Modenapiù, e soprattutto per le ricerche storiche e i convegni sul movimento operaio e socialista e sul Risorgimento modenese (ne tratta Giuseppe Bertoni qui accanto).
Se ne è andato in silenzio, per paura di disturbare, e per non subire l’affronto di essere commemorato ipocritamente da coloro che negli ultimi tempi l’avevano emarginato e cancellato dalla vita pubblica ed intellettuale.
«Cammino per la strada, e gente che fino all’altro ieri mi salutava e scambiava opinioni con me ora si volta dall’altra parte per non vedermi» diceva «non riesco più a trovare interlocutori nelle istituzioni locali per sottoporre loro progetti ed iniziative culturali: si sono tutti volatilizzati».
Nel maggio 1980 in un articolo dal titolo “I cittadini protagonisti della politica culturale”, pubblicato sul periodico Luce dei socialisti carpigiani, Mario Pecoraro esponeva con chiarezza la sua idea di politica culturale, cui è rimasto fedele fino all’ultimo: «Credendo fermamente nel pluralismo, nella partecipazione, nel decentramento, noi socialisti non possiamo non esprimere un rifiuto netto per l’Ente locale quale macchina “dispensatrice” di cultura. A questa presenza totalizzante noi intendiamo contrapporre una articolazione diffusa di centri e momenti culturali sì da rendere possibili esperienze significative di autogestione, partecipazione e corresponsabilità culturale. Per noi la cultura non è un fatto di pianificazione istituzionale, ma una linfa che deve circolare in diversi organismi».
Naturalmente all’epoca l’articolo fu oggetto di scandalo, scherno e disapprovazione da parte del ceto intellettuale marchettaro che allora (e tuttora) si pasce di pubbliche elargizioni. E a tutt’oggi la “cultura” a livello locale è soprattutto un fatto di pianificazione istituzionale o frutto del capriccio di qualche assessore più o meno competente.
Ma neppure la carta stampata - che dal Settecento, quando secondo Jürgen Habermas nacque l’opinione pubblica, ha rappresentato lo sfogo e il mezzo privilegiato dello scambio e della circolazione delle idee - a livello locale ha offerto ospitalità in maniera continuativa ad uno spirito critico come Mario Pecoraro.
Nei giornali locali la cronaca e il pettegolezzo – o la marchetta pubblicitaria scodellata da qualche generoso ufficio stampa - hanno la prevalenza su qualsiasi discorso critico o culturale. Le rivistine che ogni tanto sorgono poi sono effimere, non appartenendo a grandi gruppi editoriali dispongono infatti di risorse limitate e, visto il mercato ristretto dei lettori e degli inserzionisti, campano mediamente un paio di anni e poi sono costrette a chiudere. Come è successo anche al mio Modenapiù, su cui Pecoraro ha sempre potuto scrivere in piena libertà, anche quando io come editore / direttore non ne condividevo le argomentazioni.
«Per continuare nella mia riflessione e per essere presente nel dibattito culturale ormai non mi rimane che pubblicare libri a mie spese – confidava Mario – Non voglio scrivere per un giornale che poi mette il mio scritto nella pagina delle lettere, magari tagliandolo. E non mi va di andare a chiederne la pubblicazione, sarebbe un elemosinare umiliante».
Grande fu perciò fu la sua soddisfazione – forse l’ultima - quando qualche tempo fa la Gazzetta gli pubblicò come articolo uno scritto che lui pudicamente aveva inviato alla rubrica delle lettere al direttore (mi sembra che riguardasse un anniversario del generale Manfredo Fanti dimenticato dal Comune di Carpi).
“Una voce fuori dal coro” e “Sguardi su Carpi e oltre” sono le sue due ultime fatiche, raccolte di articoli scritti per passione civile il primo, annotazioni personali di pubblicista senza giornale il secondo. Che Mario veniva a casa mia a farmele leggere in anteprima per trovarne assieme i titoli “giusti”. Libri stampati a sue spese, non senza difficoltà.
«In occasione della stampa del mio ultimo libro “Una voce fuori dal coro”, l’editore mi consegna le bozze senza il colofone – ha scritto Mario - Alla mia osservazione che non viviamo – grazie al cielo – in tempi di regimi assoluti e polizieschi nei quali agli oppositori non rimaneva altro che la stampa clandestina, mi sento rispondere testuale: “Ma, sa, noi lavoriamo per il Comune e nel suo libro ci sono aspre critiche nei confronti dell’Amministrazione comunale”. Mi permetto di osservare – replico – che, se non riportate la data di pubblicazione e il nome dello stampatore (il che è postulato dalla legge), il libro è come se fosse stato stampato, come si diceva nell’Ottocento, alla macchia».
Ecco, ora Mario Pecoraro non è più tra noi, scomparso prematuramente a 61 anni, ma non possiamo tollerare che il suo ricordo sia messo anch’esso alla macchia da una Modena (e da una Carpi) ostile ed indifferente che tanto l’hanno angosciato nel suo ultimo difficile e doloroso frammento di vita. Te ne sei voluto andare in silenzio per non disturbare, caro Mario, perdonaci se questo silenzio noi lo rompiamo per riaffermare con forza la tua libertà, serietà, probità ed intelligenza.

Roberto Gazzotti

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UN OSSERVATORE SCRUPOLOSO E CURIOSO

Più che uno storico in senso stretto, uno studioso, un osservatore scrupoloso e curioso di diversi aspetti del suo tempo nei dintorni di casa e oltre. Sono le sue pubblicazioni e ricerche a dimostrarlo.
Forse non è un caso che Mario Pecoraro sia stato un appassionato e abile cercatore di funghi, esperto di una gamma assai vasta di varietà commestibili: altrettanto vari, infatti, sono stati gli ambiti di interesse in cui si è concentrato per la stesura dei suoi libri.
A parte collaborazioni di tipo giornalistico con diverse testate, cui si dedicò per tutta la vita, i primi lavori 'corposi' risalgono agli anni Ottanta, a cominciare da Le istituzioni ospedaliere di Carpi nei secoli, dove, almeno a livello provinciale, fu un pioniere della ricerca archivistica nel settore medico-assistenziale, un argomento approfondito in seguito con L'assistenza a Carpi dal Trecento ai giorni nostri (1997) e, in qualità di co-curatore, con gli Atti del convegno concernente La Chiesa modenese e il problema dell'assistenza nei secoli XIII-XVII (2001).
Il socialismo carpigiano nelle pagine di “Luce” e la cura di Cento anni di stampa socialista nella Bassa Padania, sono opere invece nelle quali entra il suo cuore, pulsando sincronico da quella parte per una sorta di condivisione politica metastorica. Analogamente, trovano identica ispirazione lavori successivi: negli anni Novanta, due volumi su La figura e l'opera di due socialisti di spicco della storia locale primonovecentesca, Gregorio Agnini (che sarà spunto per un convegno del 1997, organizzato da Mario in collaborazione con Giuliano Muzzioli) e Alfredo Bertesi.
Ricercatore poliedrico, costantemente attento alla trasmissione del sapere e ai suoi veicoli di comunicazione libera e indipendente, le pubblicazioni quali Come ridevano i carpigiani. Ottantacinque anni di stampa umoristico-satirica (1991), oppure Come ridevano i modenesi (1996, in collaborazione con S. Bellei) ma anche L'insegnamento nella scuola superiore: problemi e prospettive (1991) offrono una dimostrazione concreta di questa peculiarità di Mario.
Scrisse una monografia su Ciro Menotti. Un uomo che fece l'Italia (1996) e ne andava fiero, avendo apportato alcuni contributi inediti per lo studio e la conoscenza dell'eroe/rivoluzionario, ad esempio la data di nascita, accertata una volta per tutte nel 22 e non nel 23 Gennaio, come da sempre era fino ad allora erroneamente riportato, perfino sul monumento funerario nella chiesa di Spezzano. Anche da qui scaturì un convegno, con Atti relativi, sulla Congiura estense.
Con diversi compagni e collaboratori redasse in due volumi il Dizionario biografico dei Carpigiani del Novecento sul finire degli anni Novanta, e fornì contributi alla stesura del Dizionario Biografico degli Italiani Treccani.
Scrisse qualcosa sugli aspetti dell'artigianato carpigiano, Impara l'arte ed entrane a far parte (1998), nel 2002 è sua una delle relazioni in Arte e istruzione musicale a Carpi, uscito in occasione dei 200 anni dell'Istituto musicale pareggiato A. Tonelli. È del 2002 il volume Dal Consorzio Acquedotto a Sorgea, del 2004 Vent'anni insieme: storia del Movimento della terza età carpigiana, del 2005 un diario personale Sguardi su Carpi e oltre.
Strenuamente convinto dell'importanza del momento divulgativo dell'agire culturale in ogni sua manifestazione e occasione, sia essa artistica, storica o scientifica, Mario Pecoraro cercò sempre di abbinare a manifestazioni e iniziative, quali una mostra o un convegno commemorativo o celebrativo, un volume che raccogliesse e trattenesse quegli apporti significativi, frutto di studio e ricerca, che sarebbero invece sfumati se affidati unicamente a una esposizione temporanea o viceversa. Anche per questo si spinse al punto di scrivere un 'libello', così lo chiamava lui, una Storia di una mostra. Una vicenda che rasenta il grottesco, in cui lamentava il “voltafaccia” di un Ente rispetto agli impegni presi e sottoscritti per realizzare una mostra ideata da Mario dalla quale ricavarne poi una pubblicazione. Ci furono strascichi polemici (basta leggere l'appendice di una delle sue ultime pubblicazioni, Una voce fuori dal coro) con minacce di querele, da una tale situazione ebbe modo di uscire allo scoperto la vera natura di quest'uomo. Altroché “timoroso fin della propria ombra” come lo voleva qualcuno; da vero cercatore di funghi quando ne odora la presenza vicina, non esitò ad avventurarsi per i sentieri impervi del bosco. Lungo uno dei quali si è ora allontanato per sempre.

Giuseppe Bertoni

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