mercoledì, marzo 10, 2004

D'ARRIGO IN DELTAPLANO A QUOTA 7814

Angelo D'Arrigo, il noto pilota di deltaplano impegnato nell'ambizioso progetto ecologico di seguire in volo le rotte di migrazione dei rapaci, dopo essere stato trainato fino a 7.000 metri, ha toccato quota 7814 mt, altezza mai raggiunta con tale mezzo. L'episodio è avvenuto sopra il Terminillo; dopo il decollo dall'aeroporto militare di Guidonia, il deltaplano di D'Arrigo si è sganciato dal traino di un apparecchio ultraleggero ed è rientrato sulla pista di Guidonia dopo oltre due ore di volo
L'impresa di D'Arrigo rientra in un complesso programma di test su mezzi ed attrezzature in vista del prossimo sorvolo dell'Everest. Infatti il quarantaduenne pilota siciliano ha in programma questa nuova tappa del suo progetto iniziato tempo addietro seguendo i rapaci nel Sahara ed attraverso il Canale di Sicilia e seguito lo scorso anno dalla "Siberian Migration", un volo lungo 5500 km per guidare la grande migrazione di una specie di gru in via d'estinzione, le Siberian Cranes, dalla Siberia alle rive del Mar Caspio.
Prima del test in volo sono state effettuate prove a terra, grazie anche all'appoggio della Aeronautica Militare. In una camera ipobarica del Centro Sperimentale Medicina Aerospaziale di Pratica di Mare è stata simulata un'ascesa fino a quota 13100 mt che, se è consueta per chi vola nelle cabine pressurizzate degli aerei, non lo è affatto per chi l'affronta appeso alle ali di un deltaplano, sebbene protetto da speciali tute isotermiche. La A.M. ha anche assistito il pilota durante il recente test in volo.
Invece, in una camera climatica dei laboratori FIAT, è stato simulato un volo a - 42,5° e con 130 km/h di vento, valori molto vicini a quelli reali in alta quota.
Le varie prove a terra ed in volo mirano ovviamente a sottoporre le attrezzature alle condizioni che si riscontreranno durante il sorvolo dell'Everest: il freddo agisce sui materiali rendendoli più fragili, mentre con l'altitudine e la rarefazione dell'aria aumentano i rischi di ipossia, vale a dire la mancanza di ossigeno al cervello, tanto che il pilota ha testato anche due sistemi di respirazione artificiale, uno primario ed uno di soccorso, quello che in caso di necessità gli permette di scendere velocemente a quote più vivibili.

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