lunedì, dicembre 15, 2003

LEGGE GASPARRI, CIAMPI NON LA FIRMA

Ecco il testo integrale del messaggio di Carlo Azeglio Ciampi che rinvia il disegno di legge Gasparri alle Camere

"Signori parlamentari, in data 5 dicembre 2003, mi è stata
inviata per la promulgazione la legge: "Norme di principio in
materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della Rai-
Radiotelevisione italiana Spa, nonchè delega al governo per
l'emanazione del testo unico della radiotelevisione",
approvata alla Camera dei Deputati il 3 aprile 2003,
modificata dal Senato il 22 luglio 2003, nuovamente modificata
dalla Camera dei Deputati il 2 ottobre 2003 e approvata in via
definitiva dal Senato il 2 dicembre 2003.

"Il relativo disegno di legge era stato presentato dal governo
alla Camera dei Deputati il 23 settembre 2002.
Successivamente, il 20 novembre 2002, era sopraggiunta la
sentenza della Corte Costituzionale n.466, che dichiarava "la
illegittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 7, della
legge 31 luglio 1997, n.249 (Istituzione della Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle
telecomunicazioni e radiotelevisivo, nella parte in cui non
prevede la fissazione di un termine finale certo, e non
prorogabile, che comunque non oltrepassi il 31 dicembre 2003,
entro il quale i programmi irradiati dalle emittenti eccedenti
i limiti di cui al comma 6 dello stesso articolo 3, devono
essere trasmessi esclusivamente via satellite o via cavo".

"La data del 31 dicembre 2003 era già stata indicata, come
termine per la cessazione del regime transitorio di cui
all'articolo 3, settimo comma, della legge n.249 del 1997,
dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni
(Deliberazione n.346 del 7 agosto 2001)"

"Detto articolo 3 -prosegue il testo del Presidente- rinvia ai
limiti fissati dal sesto comma dell'articolo 2 della stessa
legge n. 249, laddove si stabilisce che ad uno stesso soggetto
a soggetti controllati o collegati 'non possono essere
rilasciate concessioni ne' autorizzazioni che consentano di
irradiare più del venti per cento rispettivamente delle reti
televisive o radiofoniche analogiche e dei programmi
televisivi o radiofonici numerici, in ambito nazionale,
trasmessi su frequenze terrestri, sulla base del piano delle
frequenze".

"La sentenza della Corte n. 466 del 20 novembre 2002 muove
dalla considerazione della situazione di fatto allora
esistente che, a suo giudizio, 'non garantisce... l'attuazione
del principio del pluralismo informativo esterno, che
rappresenta uno degli 'imperativi' ineludibili emergenti dalla
giurisprudenza costituzionale in materia".

"Nell'ultima delle considerazioni in diritto, la Corte precisa
che 'la presente decisione, concernente le trasmissioni
televisive in ambito nazionale su frequenze terrestri
analogiche, non pregiudica il diverso futuro assetto che
potrebbe derivare dallo sviluppo della tecnica di trasmissione
digitale terrestre, con conseguente aumento delle risorse
tecniche disponibili.

"Dalla sentenza i cui contenuti essenziali sono stati
richiamati dai presidenti delle Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni e dell'Autorità garante della concorrenza e del
mercato, nelle audizioni rese alle Commissioni riunite VII e
IX della Camera dei deputati il 10 settembre 2003, discende
pertanto che per poter considerate maturate le condizioni del
diverso futuro assetto derivante dall'espansione della tecnica
di trasmissione digitale terrestre e, quindi, per poter
giudicare superabile il limite temporale fissato nel
dispositivo, deve necessariamente ricorrere la condizione che
sia interventuo un effettivo arricchimento del pluralismo
derivante da tale espansione".

"La legge a me inviata si fa carico di questo problema. Le
norme che disciplinano l'aspetto sopra considerato sono
contenute nell'articolo 25, il cui primo comma stabilisce che,
entro il 31 dicembre 2003, dovranno essere rese attive reti
televisive digitali terrestri ponendo, in particolare, a
carico della società concessionaria del servizio pubblico
(secondo comma) l'obbligo di predisporre impianti (blocchi di
diffusione) che consentano il raggiungimento del cinquanta per
cento della popolazione entro il primo gennaio 2004 e del
settanta per cento entro il primo gennaio 2005".

"L'articolo 25, terzo comma, stabilisce inoltre che
'l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, entro i 12
mesi successivi al 31 dicembre 2003, svolge un esame della
complessiva offerta dei programmi televisivi digitali
terrestri allo scopo di accertare: a) la quota di popolazione
raggiunta dalel nuove reti digitali terrestri; b) la presenza
sul mercato di decoder a prezzi accessibili; c) l'effettiva
offerta al pubblico su tali reti anche di programmi diversi da
quelli diffusi dalle reti analogiche".

"Ciò premesso, ritengo di dover formulare alcune osservazioni
in merito alla compatibilità di talune disposizioni della
legge in esame con la sentenza n.466/2002 della Corte
Costituzionale.

Una prima osservazione riguarda il termine massimo assegnato
all'Autorità per effettuare detto esame: "Entro i dodici mesi
successivi al 31 dicembre 2003" (articolo 25, terzo comma).
Questo lasso di tempo - molto ampio rispetto alle presumibili
occorrenze della verifica - si traduce, di fatto, in una
proroga del termine finale indicato dalla Corte Costituzionale.

Una seconda osservazione concerne i poteri riconosciuti alla
Autorità: questa, entro i trenta giorni successivi al
completamento dell'accertamento, invia una relazione al
Governo e alle competenti Commissioni parlamentari, "nella
quale verifica se sia intervenuto un effettivo ampliamento
delle offerte disponibili e del pluralismo nel settore
televisivo ed eventualmente formula proposte di interventi
diretti a favorire l'ulteriore incremento dell'offerta di
programmi televisivi digitali terrestri e dell'accesso ai
medesimi" (articolo 25, terzo comma).

"Ne deriva che, se l'Autorità dovesse accertare, entro il
termine assegnatole, che le supposte condizioni
(raggiungimento della prestabilita quota di popolazione da
parte delle nuove reti digitali terrestri, presenza sul
mercato di decoder a prezzi accessibili; effettiva offerta al
pubblico su tali reti anche di programmi diversi da quelli
diffusi dalle reti analogiche) non si sono verificate, non si
avrebbe alcuna conseguenza certa. La legge, infatti, non
fornisce indicazioni in ordine al tipo e agli effetti dei
provvedimenti che dovrebbero seguire all'eventuale esito
negativo dell'accertamento.

"Si consideri, inoltre, che il paragrafo 11, penultimo
capoverso, delle considerazioni in diritto della sentenza
n.466, recita: "D'altro canto, la data del 31 dicembre 2003
offre margini temporali all'intervento del legislatore per
determinare le modalità della definitiva cessazione del regime
transitorio di cui al comma 7 dell'articolo 3 della legge n.
249 del 1977".

'Ne consegue che il primo gennaio 2004 può essere considerato
come il dies a quo non di un nuovo regime transitorio, ma
dell'attuazione delle predette modalità di cessazione del
regime medesimo, che devono essere determinate dal Parlamento
entro il 31 dicembre 2003. Si rende, inoltre, necessario
indicare il dies ad quem e, cioè, il termine di tale fase di
attuazione.

"Tutto ciò detto in relazione alla compatibilità delle
succitate disposizioni della legge in esame con la sentenza
n.466 del 20 novembre 2002, non posso esimermi dal richiamare
l'attenzione del Parlamento su altre parti della legge che-per
quanto attiene al rispetto del pluralismo dell'informazione-
appaiono non il linea con la giurisprudenza della Corte
Costituzionale.

"Si consideri, a tale proposito, che la sentenza della Corte
Costituzionale n. 826 del 1988 poneva come un imperativo la
necessità di garantire "il massimo di pluralismo esterno, onde
soddisfare, attraverso una pluralità di voci concorrenti, il
diritto del cittadino all'informazione". E ancora, nella
sentenza n. 420 del 1994, la stessa Corte sottolineava
l'indispensabilità di "un'idonea disciplina che prevenga la
formazione di posizioni dominanti".

"Nell'ambito dei principi fissati dalla richiamata
giurisprudenza della Corte Costituzionale si è mosso il
messaggio da me inviato alle Camere il 23 luglio 2002.

"Per quanto riguarda la concentrazione dei mezzi finanziari,
il sistema integrato delle comunicazioni (SIC)- assunto dalla
legge in esame come base di riferimento per il calcolo dei
ricavi dei singoli operatori della comunicazione- potrebbe
consentire, a causa della sua dimensione, a chi ne detenga il
20 per cento (articolo 15, secondo comma, della legge) di
disporre di strumenti di comunicazione in misura tale da dar
luogo alla formazione di posizioni dominanti".

"Quanto al problema della raccolta pubblicitaria, si richiama
la sentenza della Corte Costituzionale n. 231 del 1985 che,
riprendendo principi affermati in precedenti decisioni,
richiede che sia evitato il pericolo 'che la radiotelevisione,
inaridendo una tradizionale fonte di finanziamento della
libera stampa, rechi grave pregiudizio ad una liberta' che la
Costituzione fa oggetto di energica tutela".

"Si rende, infine, indispensabile espungere dal testo della
legge il comma 14 dell'articolo 23, che rende applicabili alla
realizzazione di reti digitali terrestri le disposizioni del
decreto legislativo 4 settembre 2002, numero 198, del quale la
Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale con la sentenza numero 303 del 25 settembre/1
ottobre 2003. Per la stessa ragione, va soppresso il
riferimento al predetto decreto legislativo dichiarato
incostituzionale, contenuto nell'articolo 5, primo comma,
lettera l) e nell'articolo 24, terzo comma".

"Per i motivi innanzi illustrati, chiedo, alle Camere, a norma
dell'articolo 74 primo comma, della Costituzione, una nuova
deliberazione in ordine alla legge a me trasmessa il 5
dicembre 2003".

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