domenica, marzo 21, 2004

IRAQ: ANCORA IN DUBBIO I DIRITTI UMANI

UN RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL FA IL PUNTO DELLA SITUAZIONE

A un anno dall'inizio della guerra all'Iraq, la promessa di migliorare la situazione dei diritti umani dei cittadini iracheni resta lungi dall'essere mantenuta: e' quanto dichiarato oggi da Amnesty International in occasione del lancio di un nuovo rapporto intitolato Iraq: un anno dopo. Dodici mesi dopo l'invasione dell'Iraq da parte delle forze della Coalizione guidata dagli Usa, la popolazione irachena subisce ancora gravi
violazioni dei diritti umani. Nell'anno appena trascorso, decine di persone disarmate sono rimaste uccise a causa dell'uso eccessivo o non necessario della forza cui la Coalizione ha fatto ricorso durante le manifestazioni, ai posti di blocco e nel corso di irruzioni in abitazioni private. Migliaia di persone sono state imprigionate, spesso in dure condizioni, e sottoposte a detenzione prolungata, sovente non ammessa dalle forze occupanti. Molti prigionieri sono stati torturati o maltrattati e alcuni sono morti in carcere.
Il rapporto contiene le informazioni raccolte da Amnesty International durante una serie di visite condotte in Iraq, sia nella fase immediatamente successiva al conflitto che durante tutto l'anno seguente e mette in luce la violenza quotidiana e l'insicurezza cui il popolo iracheno ha dovuto far fronte in questo periodo.
"La violenza e' endemica, sotto forma di attacchi da parte dei gruppi armati o di abusi da parte delle forze di occupazione. Milioni di persone hanno subito le conseguenze della distruzione e del saccheggio delle infrastrutture, della disoccupazione di massa e dell'incertezza circa il proprio futuro. Si nutre scarsa fiducia nel fatto che tutti i responsabili degli abusi dei diritti umani, sia passati che presenti, saranno consegnati alla giustizia" ha dichiarato Amnesty International.
"Dopo un anno di guerra, assenza di legge, violenza crescente e privazioni economiche, gli iracheni affrontano un futuro incerto. Affinche' il prossimo anno possa essere migliore di quello passato, le forze occupanti, i leader politici e religiosi iracheni e la comunita' internazionale dovranno impegnarsi realmente per proteggere e promuovere i diritti umani
in Iraq" ha aggiunto l'organizzazione.
A un anno dall'inizio del conflitto, i civili iracheni vengono ancora uccisi ogni giorno. Si stima che dal 18 marzo 2003, sia durante la guerra che durante l'occupazione che ne e' derivata, oltre 10.000 civili iracheni siano rimasti uccisi come conseguenza diretta dell'intervento militare in Iraq. Si tratta solo di una stima, dal momento che le autorita' non vogliono o non possono registrare le uccisioni. "Non siamo in grado di
registrare i dati relativi alle perdite civili" ha detto alla Reuters, un mese fa, il generale di brigata Usa Mark Kimmit.
Decine e decine di civili sono rimasti uccisi, apparentemente a seguito dell'uso eccessivo della forza da parte delle truppe Usa o sono stati colpiti a morte in circostanze dubbie. In diverse occasioni, i soldati Usa hanno ucciso decine di manifestanti iracheni: ad esempio, sette persone a Mosul il 15 aprile 2003, almeno 15 a Falluja il 29 aprile e 2 nei pressi del Palazzo della Repubblica a Baghdad il 18 giugno.
Nel novembre 2003, l'esercito Usa ha dichiarato di aver saldato con 1,5 milioni di dollari le richieste di risarcimento presentate dalle vittime o dai parenti delle vittime irachene ferite, uccise o che avevano denunciato danni alle proprieta'. Tra le 10.402 richieste presentate, diverse riguardano circostanze in cui i soldati Usa hanno aperto il fuoco, ferendo
o uccidendo civili iracheni senza motivo apparente. Tuttavia, al di la' di questi risarcimenti, non sono stati presi ulteriori provvedimenti a favore delle famiglie dei morti o dei feriti. Nessun soldato Usa e' stato sottoposto a inchiesta per aver ucciso illegalmente un civile iracheno. A seguito di un'ordinanza emessa nel giugno 2003, ai tribunali iracheni e' stato vietato di occuparsi di casi in cui sono coinvolti soldati Usa o di altri eserciti stranieri o funzionari stranieri presenti in Iraq. Praticamente, i soldati Usa stanno operando nella totale impunita'.
Amnesty International ha chiesto ripetutamente che tutte le uccisioni di civili da parte delle forze occupanti venissero indagate in maniera esauriente, indipendente e imparziale e che i responsabili di tutte le uccisioni illegali fossero consegnati alla giustizia. L'organizzazione non e' sinora a conoscenza dell'avvio di alcuna indagine indipendente.
I civili iracheni hanno anche dovuto affrontare il pericolo di attentati ad opera di gruppi armati, un pericolo sempre piu' presente nel panorama iracheno dall'inizio dell'occupazione. Gli attacchi hanno preso di mira l'esercito Usa, il personale delle forze di sicurezza irachene, le stazioni di polizia controllate dagli iracheni, leader ed edifici religiosi, operatori della comunicazione, organizzazioni non governative e agenzie delle Nazioni Unite e hanno causato la morte di centinaia di civili. Nella misura in cui questi attentati sono parte di un vasto e
sistematico attacco contro la popolazione irachena nel perseguimento degli obiettivi di un'organizzazione, essi costituiscono crimini contro l'umanita'.
Amnesty International ha chiesto ai gruppi armati di porre fine agli attacchi contro i civili e gli operatori delle agenzie umanitarie internazionali. L'organizzazione ha anche chiesto che i responsabili di questi crimini siano consegnati alla giustizia e trattati secondo gli standard internazionali in materia di diritti umani.
Sin dall'inizio del conflitto, Amnesty International ha ricevuto
informazioni relative ad arresti di civili iracheni, arrestati dalle forze della Coalizione in violazione dei diritti umani. Alcuni prigionieri sono stati detenuti senza accusa per mesi, molti sono stati torturati e maltrattati. Di fatto, nessuno ha potuto avere accesso a un avvocato, alla famiglia o alla revisione giudiziaria del proprio caso.
L'Autorita' Provvisoria della Coalizione ha ammesso la detenzione di circa 8.500 prigionieri. Tuttavia, un'organizzazione irachena per i diritti umani ha stimato in 15.000 il numero dei detenuti. Nella maggior parte dei casi, si tratta di cosiddetti "detenuti per motivi di sicurezza", ovvero persone coinvolte o che si presume siano coinvolte in attivita' contro la Coalizione.
Molti prigionieri hanno denunciato di essere stati torturati e sottoposti a maltrattamenti da parte delle truppe anglo-americane durante gli interrogatori. Secondo quanto riferito ad Amnesty International, fra i metodi piu' frequenti figurano le percosse, la privazione prolungata del sonno, l'obbligo di mantenere posizioni dolorose, a volte insieme all'esposizione a musica assordante o a fonti di luce abbagliante e all'incappucciamento. Nessuna denuncia di tortura o maltrattamento e' stata indagata adeguatamente.
L'assenza di legge e ordine continua ad essere assai preoccupante in molte zone dell'Iraq. I delegati di Amnesty International hanno ricevuto testimonianze di prima mano sull'impatto devastante che l'assenza della legge sta avendo sulla vita quotidiana degli iracheni, in particolare per quanto riguarda saccheggi, uccisioni per vendetta, rapimenti o violenza
sulle donne.
"Assicurare la giustizia e' fondamentale per le innumerevoli vittime delle violazioni dei diritti umani in Iraq. Gli iracheni hanno subito decenni di gravi violazioni da parte del proprio governo cosi' come abusi commessi durante gli svariati conflitti, compreso l'ultimo con le sue conseguenze".
"Occorrono modifiche fondamentali in ambito legale, giudiziario e penale.
I diritti umani devono essere al centro di tutti gli sforzi di
riorganizzazione e ricostruzione dell'Iraq. Venir meno all'obbligo di proteggere pienamente i diritti umani durante questo periodo di transizione, sarebbe un tradimento nei confronti del popolo iracheno, che ha sofferto cosi' tanto nel passato", ha dichiarato Amnesty International.

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