giovedì, ottobre 24, 2002

AMNESTY INTERNATIONAL
SUL RILASCIO DEI PRIGIONIERI POLITICI IN IRAQ:
PASSO POSITIVO, MA C’E’ ANCORA MOLTO DA FARE


In una lettera trasmessa al governo iracheno, Amnesty International ha espresso apprezzamento per la notizia del rilascio dei prigionieri politici, ma ha chiesto di essere urgentemente informata sui nomi di coloro che hanno beneficiato dell’amnistia generale.

Il 20 ottobre, il Consiglio del comando rivoluzionario il piu’ alto organo esecutivo del paese, reso noto un decreto firmato dal presidente Saddam Hussein che dispone un’amnistia generale per tutti i prigionieri politici entro le successive 48 ore. La televisione irachena ha poi trasmesso le immagini della scarcerazione di decine di detenuti dalla prigione Abu Ghraib di Baghdad. L’amnistia riguarda anche i condannati a morte compresi quelli condannati in contumacia o all’estero ed esclude i colpevoli di spionaggio nei confronti di un paese straniero. Tra i detenuti rilasciati figurano anche cittadini di nazionalita’ araba, tra cui ottanta giordani.

Nel corso degli anni, Amnesty International ha documentato gravi violazioni dei diritti umani, commesse su vastissima scala nei confronti di tutti i settori della societa’ irachena, ad opera delle forze armate, dei servizi di sicurezza e dei servizi segreti: “sparizione” di migliaia di persone, uso massiccio della pena di morte, esecuzioni extragiudiziali, arresti arbitrari, detenzione a lungo termine senza accusa né processo, processi segreti e fortemente irregolari, tortura sistematica nei confronti dei presunti oppositori, sanzioni giudiziarie equivalenti a tortura o a punizione crudele inumana o degradante, detenzione di prigionieri per motivi di opinione, espulsioni forzate.

La maggior parte delle vittime di queste violazioni e’ costituita da presunti oppositori politici, tra cui elementi delle forze armate e dei servizi di sicurezza in servizio o in pensione, familiari di attivisti dell’opposizione all’estero, esponenti di minoranze quali in particolare curdi e musulmani sciiti.

Nella sua lettera, Amnesty International ha chiesto alle autorita’ di Baghdad di chiarire urgentemente la sorte di migliaia di persone “scomparse” negli anni ’80 e all’indomani della guerra del Golfo del 1991, tra cui oltre 600 cittadini kuwaitiani e di altra nazionalita’, nonché di almeno 106 studenti e religiosi sciiti arrestati nella citta’ di al-Najaf, nel sud del paese. Amnesty International ha infine chiesto al governo iracheno di abolire in via prioritaria tutte le leggi e le pratiche che hanno causato violazioni dei diritti umani di massa nel paese.


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DALLA CISL RIFLESSIONI SUL DOPO 18 OTTOBRE:
“CONCERTAZIONE E PATTO CAMMINANO INSIEME”

«Venerdì scorso 18 ottobre Modena è stata lo specchio fedele delle divisioni nel sindacato. Da una parte la Cgil, che consumava uno sciopero dalle connotazioni puramente politiche, dall’altra la Cisl e la Uil che partecipavano attivamente, vista anche la presenza tra i relatori dei rispettivi segretari generali, al convegno organizzato dall’associazione Adapt per discutere del ruolo della concertazione dopo il Patto per l’Italia, convegno tenutosi presso la Facoltà di Economia e Commercio nella quale insegnava il prof. Marco Biagi.
Quel giorno si sono confrontati realmente due modelli di sindacato: quello massimalista e demagogico, e quello pragmatico e riformista che cerca sempre di dare soluzioni ai problemi.
Per la realtà della nostra provincia il convegno è stato ricco di spunti e di sollecitazioni che non mancheremo di utilizzare per rafforzare la nostra azione sindacale a livello territoriale.
Il confronto si è mosso nello stesso solco che ci ha permesso di firmare, qualche giorno dopo la morte del prof. Marco Biagi, il Patto per la occupabilità per Modena e Reggio Emilia che integra ulteriormente l’università con il territorio e permette a tanti giovani di entrare nelle aziende attraverso tirocini formativi di sicura qualità. Il modello concertativo è stato essenziale per superare le difficoltà e permettere a 37 soggetti diversi di firmare tale protocollo, ritenuto da tutti il testamento di Marco Biagi. Le conclusioni del convegno ci hanno riconfermato che serve ancora più concertazione, da sviluppare soprattutto a livello locale in sintonia con le modifiche costituzionali avvenute nel nostro paese.
Sono molti i campi per una buona concertazione territoriale. Tra questi spicca il completamento del Patto per la occupabilità, coinvolgendo gli enti locali e in particolare la Provincia, per sviluppare politiche attive che valorizzino un apprendimento permanente e una formazione di competenze specifiche, vista l’elevata mobilità occupazionale e la rapidità con cui le nuove professioni sostituiscono le vecchie. Questo concretizzerebbe una parte importante del Patto per l’Italia, che prevede un maggior rapporto tra scuola e lavoro e punta ad assistere il lavoratore nel processo di reinserimento nel mercato del lavoro attraverso i servizi di orientamento e di formazione.
Un altro campo di intervento riguarda la ridefinizione di un nuovo modello di sviluppo e di stato sociale che faccia partecipare la società, che valorizzi i corpi intermedi e la sussidiarietà, che riduca le esclusioni sociali. Un modello di sviluppo che continui a garantire protezione sociale ai lavoratori e ai pensionati nell’ambito di un sistema di welfare municipale che non sia più concentrato su alcune fasce marginali della popolazione, ma su un sistema che tenga conto dei nuovi rischi della globalizzazione in relazione alle dinamiche sociali e demografiche, alle nuove povertà: solitudine, assenza di relazioni, mancanza di solidarietà.
Un ulteriore accordo si potrebbe fare anche sul sommerso, che è notoriamente un campo molto complicato che richiede coinvolgimento delle parti sociali e delle istituzioni. Una concertazione a livello locale potrebbe definire soluzioni idonee e deroghe accettabili per contrastare tale fenomeno e recuperare politiche di legalità in coerenza con l’avviso comune.
Il 18 ottobre, se per qualcuno è stata una giornata di lotta sterile, per noi ha certamente rappresentato la germinazione di nuovi stimoli che confidiamo di portare a maturazione quanto prima. Ce lo chiede il nostro riformismo e il nostro essere esclusivamente sindacato che guarda agli interessi della sua rappresentanza e dei lavoratori».

Francesco Falcone, segretario provinciale CISL Modena


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LA CGIL DENUNCIA: NUMEROSI LICENZIAMENTI
PER I LAVORATORI IMMIGRATI
CHE CHIEDONO DI ESSERE REGOLARIZZATI.

La Cgil di Modena, con un ordine del giorno approvato dal suo Comitato Direttivo, denuncia numerosi casi di cittadini/e stranieri irregolari o clandestini che si vedono licenziati dal datore di lavoro nel momento in cui chiedono di poter essere regolarizzati, o i cui datori di lavoro comunque negano la presentazione della domanda. "In questi casi" afferma il sindacato di piazza Cittadella "i lavoratori non potranno comunque denunciare i datori di lavoro, come invece era possibile nelle precedenti sanatorie, perché la loro denuncia darebbe l'avvio ad una notifica di espulsione". E' l'effetto della Legge Bossi-Fini sull'immigrazione, verso la quale la Cgil ha più volte espresso la sua netta contrarietà per il contenuto fortemente discriminatorio nei confronti dei lavoratori stranieri.
La CGIL si rivolge quindi alle associazioni imprenditoriali, ai consulenti e ai commercialisti che invita "ad esercitare sui datori di lavoro un'azione di stimolo alla regolarizzazione, quale unica soluzione che consentirà sia all'azienda che al lavoratore di uscire dall'illegalità senza incorrere in sanzioni penali o pecuniarie".
"Siamo indignati per questa situazione. Sappiano, gli imprenditori che hanno nelle loro aziende lavoratori stranieri che chiedono di essere regolarizzati, che tutta la CGIL, terminato il periodo di regolarizzazione tuttora in corso, non mancherà di intervenire e denunciare i datori di lavoro che non avranno adempiuto alla regolarizzazione degli stranieri".





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