Modenapiù
Una Città e il Mondo: politica, cultura, economia, società a cura di Roberto Gazzotti.
venerdì, settembre 27, 2002
MONUMENTI CITTADINI:
LA CHIESA DI S. AGOSTINO
Un ricco volume della Fondazione Cassa di Risparmio
di Modena ripercorre la storia
del sacro edificio e ne svela tesori e segreti
Sabato 28 settembre alle ore 18 nella chiesa di Sant’Agostino a Modena la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena presenterà il volume La chiesa di Sant’Agostino a Modena. Pantheon Atestinum, curato da Elena Corradini, Elio Garzillo, Graziella Polidori e pubblicato da Amilcare Pizzi.
Indirizzi di saluto di: S.E. Bartolomeo Santo Quadri Arcivescovo Emerito di Modena Nonantola; dott. Gianfranco Baldini, Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Modena; Don Giuseppe Albicini, Parroco di Sant’Agostino
Interverranno: arch. Elio Garzillo, soprintendente Regionale per i Beni e le Attività Culturali; prof. Eugenio Riccomini dell’Università Statale di Milano; prof. Claudia Conforti dell’Università di Roma Tor Vergata; dott. Elena Corradini direttore Archeologo della Soprintendenza Regionale per i Beni e le Attività Culturali.
Il volume dedicato alla chiesa di Sant’Agostino continua la collana “Monumenti Modenesi” promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, curata e diretta da Elio Garzillo, Claudia Conforti, Elena Corradini, Graziella Polidori
Gli altri tre volumi della collana già pubblicati sono: Il Duomo di Modena. Domus clari Geminiani; Il Palazzo Ducale. Regia mole maior animus; La Chiesa di San Vincenzo. Ecclesia Divi Vincentii.
Complesse sono state le ricerche e molteplici gli approfondimenti che gli autori dei 23 saggi hanno condotto sulla chiesa annessa al convento dei padri Eremitani di Sant’Agostino, tra i quali si segnalano, oltre a quelli dei direttori della collana, i testi dedicati dal prof. Mauro Lucco dell’Università di Bologna all’affresco raffigurante la Madonna con il Bambino di Tomaso da Modena e dal prof. Giorgio Bonsanti dell’Università di Torino al Compianto di Antonio Begarelli. Ai testi degli altri autori, tra i quali figurano il dott. Ernesto Milano, direttore della Biblioteca Estense e Universitaria e il dott. Angelo Spaggiari direttore dell’Archivio di Stato, Alberto Manodori, Tiziana Contri, Sonia Cavicchioli, Bianca Belardinelli, Marco Dugoni, Claudia Cremonini, Giovanna Caselgrandi, Carlo Giovannini, Marta Lucchi, Daniela Sinigalliesi, Lorenzo Lorenzini, Anna Rosa Venturi Barbolini, Franca Stagi, Giovanni Cerfogli, si affianca un articolato regesto dei documenti d’archivio curato da Pier Luigi Cavani e Lucia d’Angelo.
Il ricco corredo di illustrazioni dei saggi è completato, come è caratteristica degli altri della collana, da sette inserti fotografici di immagini appositamente realizzate, la cui sequenza consente di visitare i settori nei quali si articola l’apparato decorativo della chiesa: dall’esterno si procede all’interno con le immagini della prima metà dell’Ottocento per poi ammirare l’apparato scultoreo in stucco che si dispiega lungo tutte le pareti della chiesa, nelle nicchie in basso e in alto al di sopra del cornicione, a cui fanno da contrappunto gli altari e che si conclude negli eleganti e complessi dipinti del soffitto ligneo a cassettoni lungo tutta la navata e negli affreschi dello pseudotransetto e dell’abside.
Questo volume ha reso possibile una nuova lettura unitaria delle vicende dell’edificio di culto, “luogo emblematico della città”, come scrive il soprintendente Elio Garzillo, con specifiche e dettagliate analisi dei suoi apparati decorativi, che costituiscono la parte stabile dell’allestimento scenografico voluto e finanziato, tra il 1662 e il 1663, dalla duchessa Laura Martinozzi, con i denari dell’eredità dello zio cardinale Mazzarino, per celebrare le solenni esequie del marito Alfonso IV, morto in giovane età nel 1662.
La duchessa Laura si avvalse della consulenza del gesuita Domenico Gamberti, che descrisse, come aveva fatto per Francesco I, in una monumentale orazione funebre per il Duca, pubblicata anch’essa a Modena e conservata insieme con l’altra presso la Biblioteca Estense Universitaria, il progetto della “pompa stabile e funerale”, che fu affidato all’architetto bolognese Giovanni Giacomo Monti (1614-1678) e al capomastro Beltrami di Reggio Emilia che ne curò la realizzazione.
Come se si trattasse della scenografia di un teatro resa stabile dall’ancoraggio alle pareti della preesistente chiesa degli Agostiniani, l’allestimento scenografico fu realizzato sul soffitto per la maggior parte in legno dipinto con supporto di canne, e lungo le pareti in stucco. Attraverso quell’apparato decorativo realizzato in maniera stabile e non effimera, come era avvenuto per le esequie del duca Francesco I celebrate l’anno precedente nella stessa chiesa, illustrate dalla prof. Claudia Conforti, la duchessa Laura ha lasciato una testimonianza ancora oggi visibile della celebrazione della Casa d’Este attraverso la memoria delle virtù religiose prima ancora che civili, politiche e militari dei personaggi maschili, papi, imperatori, re, santi o beati, ma soprattutto femminili, imperatrici, regine, sante o beate, con le quali gli Estensi, grazie agli elaborati studi condotti da Gamberti, potevano vantare vincoli di parentela, come sottolinea nel suo saggio il prof. Paolo Golinelli dell’Università di Verona.
Le figure femminili di sante e beate legate alla Casa d’Este dominano in maniera preponderante dalle grandi otto nicchie delle pareti della chiesa, e in quattro delle sette dello pseudotransetto e dell’abside, ma sono anche ben visibili negli sfondati dipinti sul soffitto da Francesco Stringa (1635-1709), Olivier Dauphin (1674 ca. 1673), Sigismondo Caula (1637-1724), Giovanni Peruzzini (1629-1694) e negli affreschi di Giovanni Giacomo Monti e Baldassarre Bianchi (1614-1678) del presbiterio e dell’abside. Il programma iconografico voluto dalla duchessa Laura voleva suggerire, in modo davvero singolare per quei tempi, e non solo per quelli, che le donne potevano assumere un ruolo determinante che dalla sfera religiosa poteva passare in quella civile e politica.
Messaggio importante questo, come sottolinea nel suo saggio Elena Corradini, se si pensa che la chiesa di Sant’Agostino, ovvero Pantheon Atestinum, è il primo monumento con il quale la casa d’Este attesta la propria presenza nella città di Modena, dove erano ancora in piena attività altri due importanti cantieri avviati per volontà di Francesco I, il loro palazzo cittadino e la chiesa di San Vincenzo dei Padri Teatini, il luogo devozionale per eccellenza scelto dalla duchessa Isabella di Savoia, moglie di Alfonso III e madre di Francesco I, come sepoltuario estense, come si legge nel suo testamento del 1626.
Nella realizzazione degli apparati decorativi delle tre fabbriche modenesi, il Pantheon Atestinum, la chiesa di San Vincenzo e il palazzo ducale, troviamo impegnate le stesse persone, dall’architetto Tommaso Loraghi ai pittori Francesco Stringa e Olivier Dauphin, allo scultore Giovanni Lazzoni (1616-1626), a Lattanzio Maschio (1642 ante-1694 post) e ad altri plasticatori più o meno legati alla sua bottega come Luca Colomba (1585-1650), indubitabile prova di quanto la corte apprezzasse le loro opere, ma credo anche significativa testimonianza di quella che si potrebbe definire una illuminata capacità imprenditoriale capace di far progettare edifici differenti con specifiche finalità la cui realizzazione veniva però affidata a maestranze di comprovata capacità artistica.
LA CHIESA DI S. AGOSTINO
Un ricco volume della Fondazione Cassa di Risparmio
di Modena ripercorre la storia
del sacro edificio e ne svela tesori e segreti
Sabato 28 settembre alle ore 18 nella chiesa di Sant’Agostino a Modena la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena presenterà il volume La chiesa di Sant’Agostino a Modena. Pantheon Atestinum, curato da Elena Corradini, Elio Garzillo, Graziella Polidori e pubblicato da Amilcare Pizzi.
Indirizzi di saluto di: S.E. Bartolomeo Santo Quadri Arcivescovo Emerito di Modena Nonantola; dott. Gianfranco Baldini, Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Modena; Don Giuseppe Albicini, Parroco di Sant’Agostino
Interverranno: arch. Elio Garzillo, soprintendente Regionale per i Beni e le Attività Culturali; prof. Eugenio Riccomini dell’Università Statale di Milano; prof. Claudia Conforti dell’Università di Roma Tor Vergata; dott. Elena Corradini direttore Archeologo della Soprintendenza Regionale per i Beni e le Attività Culturali.
Il volume dedicato alla chiesa di Sant’Agostino continua la collana “Monumenti Modenesi” promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, curata e diretta da Elio Garzillo, Claudia Conforti, Elena Corradini, Graziella Polidori
Gli altri tre volumi della collana già pubblicati sono: Il Duomo di Modena. Domus clari Geminiani; Il Palazzo Ducale. Regia mole maior animus; La Chiesa di San Vincenzo. Ecclesia Divi Vincentii.
Complesse sono state le ricerche e molteplici gli approfondimenti che gli autori dei 23 saggi hanno condotto sulla chiesa annessa al convento dei padri Eremitani di Sant’Agostino, tra i quali si segnalano, oltre a quelli dei direttori della collana, i testi dedicati dal prof. Mauro Lucco dell’Università di Bologna all’affresco raffigurante la Madonna con il Bambino di Tomaso da Modena e dal prof. Giorgio Bonsanti dell’Università di Torino al Compianto di Antonio Begarelli. Ai testi degli altri autori, tra i quali figurano il dott. Ernesto Milano, direttore della Biblioteca Estense e Universitaria e il dott. Angelo Spaggiari direttore dell’Archivio di Stato, Alberto Manodori, Tiziana Contri, Sonia Cavicchioli, Bianca Belardinelli, Marco Dugoni, Claudia Cremonini, Giovanna Caselgrandi, Carlo Giovannini, Marta Lucchi, Daniela Sinigalliesi, Lorenzo Lorenzini, Anna Rosa Venturi Barbolini, Franca Stagi, Giovanni Cerfogli, si affianca un articolato regesto dei documenti d’archivio curato da Pier Luigi Cavani e Lucia d’Angelo.
Il ricco corredo di illustrazioni dei saggi è completato, come è caratteristica degli altri della collana, da sette inserti fotografici di immagini appositamente realizzate, la cui sequenza consente di visitare i settori nei quali si articola l’apparato decorativo della chiesa: dall’esterno si procede all’interno con le immagini della prima metà dell’Ottocento per poi ammirare l’apparato scultoreo in stucco che si dispiega lungo tutte le pareti della chiesa, nelle nicchie in basso e in alto al di sopra del cornicione, a cui fanno da contrappunto gli altari e che si conclude negli eleganti e complessi dipinti del soffitto ligneo a cassettoni lungo tutta la navata e negli affreschi dello pseudotransetto e dell’abside.
Questo volume ha reso possibile una nuova lettura unitaria delle vicende dell’edificio di culto, “luogo emblematico della città”, come scrive il soprintendente Elio Garzillo, con specifiche e dettagliate analisi dei suoi apparati decorativi, che costituiscono la parte stabile dell’allestimento scenografico voluto e finanziato, tra il 1662 e il 1663, dalla duchessa Laura Martinozzi, con i denari dell’eredità dello zio cardinale Mazzarino, per celebrare le solenni esequie del marito Alfonso IV, morto in giovane età nel 1662.
La duchessa Laura si avvalse della consulenza del gesuita Domenico Gamberti, che descrisse, come aveva fatto per Francesco I, in una monumentale orazione funebre per il Duca, pubblicata anch’essa a Modena e conservata insieme con l’altra presso la Biblioteca Estense Universitaria, il progetto della “pompa stabile e funerale”, che fu affidato all’architetto bolognese Giovanni Giacomo Monti (1614-1678) e al capomastro Beltrami di Reggio Emilia che ne curò la realizzazione.
Come se si trattasse della scenografia di un teatro resa stabile dall’ancoraggio alle pareti della preesistente chiesa degli Agostiniani, l’allestimento scenografico fu realizzato sul soffitto per la maggior parte in legno dipinto con supporto di canne, e lungo le pareti in stucco. Attraverso quell’apparato decorativo realizzato in maniera stabile e non effimera, come era avvenuto per le esequie del duca Francesco I celebrate l’anno precedente nella stessa chiesa, illustrate dalla prof. Claudia Conforti, la duchessa Laura ha lasciato una testimonianza ancora oggi visibile della celebrazione della Casa d’Este attraverso la memoria delle virtù religiose prima ancora che civili, politiche e militari dei personaggi maschili, papi, imperatori, re, santi o beati, ma soprattutto femminili, imperatrici, regine, sante o beate, con le quali gli Estensi, grazie agli elaborati studi condotti da Gamberti, potevano vantare vincoli di parentela, come sottolinea nel suo saggio il prof. Paolo Golinelli dell’Università di Verona.
Le figure femminili di sante e beate legate alla Casa d’Este dominano in maniera preponderante dalle grandi otto nicchie delle pareti della chiesa, e in quattro delle sette dello pseudotransetto e dell’abside, ma sono anche ben visibili negli sfondati dipinti sul soffitto da Francesco Stringa (1635-1709), Olivier Dauphin (1674 ca. 1673), Sigismondo Caula (1637-1724), Giovanni Peruzzini (1629-1694) e negli affreschi di Giovanni Giacomo Monti e Baldassarre Bianchi (1614-1678) del presbiterio e dell’abside. Il programma iconografico voluto dalla duchessa Laura voleva suggerire, in modo davvero singolare per quei tempi, e non solo per quelli, che le donne potevano assumere un ruolo determinante che dalla sfera religiosa poteva passare in quella civile e politica.
Messaggio importante questo, come sottolinea nel suo saggio Elena Corradini, se si pensa che la chiesa di Sant’Agostino, ovvero Pantheon Atestinum, è il primo monumento con il quale la casa d’Este attesta la propria presenza nella città di Modena, dove erano ancora in piena attività altri due importanti cantieri avviati per volontà di Francesco I, il loro palazzo cittadino e la chiesa di San Vincenzo dei Padri Teatini, il luogo devozionale per eccellenza scelto dalla duchessa Isabella di Savoia, moglie di Alfonso III e madre di Francesco I, come sepoltuario estense, come si legge nel suo testamento del 1626.
Nella realizzazione degli apparati decorativi delle tre fabbriche modenesi, il Pantheon Atestinum, la chiesa di San Vincenzo e il palazzo ducale, troviamo impegnate le stesse persone, dall’architetto Tommaso Loraghi ai pittori Francesco Stringa e Olivier Dauphin, allo scultore Giovanni Lazzoni (1616-1626), a Lattanzio Maschio (1642 ante-1694 post) e ad altri plasticatori più o meno legati alla sua bottega come Luca Colomba (1585-1650), indubitabile prova di quanto la corte apprezzasse le loro opere, ma credo anche significativa testimonianza di quella che si potrebbe definire una illuminata capacità imprenditoriale capace di far progettare edifici differenti con specifiche finalità la cui realizzazione veniva però affidata a maestranze di comprovata capacità artistica.
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