domenica, marzo 16, 2003


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====== MONDO ======


RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL SULL’AFGHANISTAN:
L’AZIONE DELLA POLIZIA PER PROTEGGERE I DIRITTI UMANI



Amnesty International ha presentato a Kabul un nuovo rapporto dal titolo “La
ricostruzione delle forze di polizia e’ essenziale per la difesa dei diritti umani”. Dopo
oltre due decenni di conflitto armato, durante i quali i diritti umani sono stati
sistematicamente violati, l’Afghanistan necessita di un sistema giudiziario funzionante
ed efficiente che protegga e promuova i diritti umani e di forze di polizia a
disposizione della comunita’ che costituiscano parte integrante di tale sistema.
Le forze di polizia, il sistema carcerario e i tribunali dell’Afghanistan, quasi
completamente distrutti dal conflitto, oggi non offrono di fatto alcuna protezione alla
popolazione del paese. Non solo la polizia e’ incapace di garantire la difesa dei diritti
umani in Afghanistan, ma alcuni suoi membri sono direttamente coinvolti nelle
violazioni dei diritti umani, tra cui torture e maltrattamenti durante la custodia o il
ricorso a percosse e alla somministrazione di corrente elettrica nel corso degli
interrogatori.
I molteplici problemi che riguardano la polizia non consentono agli agenti di svolgere
il proprio compito in modo rispettoso dei diritti umani. I salari non vengono pagati e le
stazioni di polizia di ogni parte del paese sono prive anche del materiale di base
come carta e penne. La mancanza di una formazione sufficiente, anche su come
proteggere i diritti umani, e’ un ostacolo enorme allo sviluppo di un servizio di polizia
funzionante, mentre la completa assenza di strutture per l’amministrazione della
giustizia permette a chi viola i diritti umani di continuare a commettere abusi senza
affrontare la giustizia.
“Per interrompere il ciclo dell’impunita’ che dura ormai da piu’ di venti anni e’
necessario che i responsabili delle violazioni dei diritti umani siano chiamati a
risponderne” - ha affermato Amnesty International, che ha chiesto alla comunita’
internazionale di aumentare il sostegno per la ricostruzione delle forze di polizia,
essenziale per i diritti umani.
“La ricostruzione di una forza di polizia professionale che rafforzi il ruolo della legge in
tutto il paese, e’ un problema urgente che le autorita’ afgane devono risolvere in
maniera prioritaria. Ma non possono farlo da sole. La comunita’ internazionale deve
provvedere ai finanziamenti necessari al supporto tecnico e impegnarsi per un lungo
periodo nella ricostruzione” - ha sottolineato l’organizzazione per i diritti umani. “La
sfiducia nei confronti della polizia e’ assai diffusa nella popolazione e se i problemi
evidenziati nel nostro rapporto non verranno affrontati immediatamente, la situazione
si aggravera’.”


Ulteriori informazioni


Alla Conferenza internazionale sull’assistenza per la ricostruzione dell’Afghanistan,
svoltasi a Tokyo nel gennaio 2002, la Germania accetto’, su richiesta
dell’Amministrazione provvisoria afgana, di guidare l’assistenza alla ricostruzione
delle forze di polizia del paese. Il Progetto tedesco per il sostegno alla polizia in
Afghanistan ha fornito supporto tecnico e finanziario e consulenza alle azioni di
polizia dell’Amministrazione provvisoria afgana. Il Progetto ha anche previsto la
ricostruzione dell’Accademia di Polizia a Kabul per addestrare 1500 agenti di polizia.
Anche altri donatori, tra cui gli Stati Uniti, si sono concentrati sull’addestramento,
tralasciando pero’ molte altre aree essenziali, come l’importante costituzione di
meccanismi di responsabilita’ e meccanismi di supervisione civile.
In Afghanistan vi sono oltre 50.000 poliziotti, ma essi non si comportano come un
corpo unitario di polizia. Molti sono ex Mujahideen, che hanno una grande esperienza
militare ma poca o nessuna formazione professionale di polizia. La loro lealta’ e’
diretta ai potenti comandanti regionali, con i quali hanno combattuto contro i Talebani.
Questi comandanti sono stati in grado di mantenere il controllo delle province,
riempiendo il vuoto lasciato dalla partenza dei Talebani, mentre il governo ha assunto
l’effettivo controllo su Kabul.
Molti di questi Mujahideen hanno preso parte al conflitto armato per la maggior parte
della loro vita e sono abituati ad agire nell’impunita’. Anche se in tutto il paese vi sono
agenti di polizia altamente impegnati, essi sono in minoranza e la loro presenza e’
insufficiente per fronteggiare l’opprimente mole di problemi che ritardano la
necessaria riforma e professionalizzazione della polizia.


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RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL SULLA BOSNIA ERZEGOVINA:
E’ IL MOMENTO DI PORRE FINE ALL’IMPUNITA’ PER LE “SPARIZIONI”



Le autorita’ della Bosnia e la comunita’ internazionale devono
adottare misure immediate per affrontare l’enorme numero di casi
irrisolti di ‘sparizioni’: lo ha dichiarato oggi Amnesty International,
rendendo pubblico un nuovo rapporto sul continuo e devastante
impatto di questa grave violazione dei diritti umani.
Si stima che, dopo la fine della guerra, la sorte di oltre 17.000
persone rimanga avvolta dal mistero. Molte di esse sono
‘scomparse’ dopo essere state viste per l’ultima volta nelle mani
delle varie forze armate e si teme siano morte.
In questi anni sono stati fatti straordinari progressi nel
riconoscimento delle persone “scomparse” attraverso il processo di
esumazione e identificazione dei corpi. La Bosnia vanta infatti uno
dei piu’ sofisticati sistemi di analisi del Dna nel mondo.
“Ora e’ necessario che le autorita’ del paese introducano una nuova
legislazione, che renda la ‘sparizione’ un crimine e consenta
finalmente di perseguirne gli autori” - ha affermato Paolo Pignocchi,
responsabile del Coordinamento Europa orientale di Amnesty
International, aggiungendo che la revisione in corso della
legislazione penale costituisce un’opportunita’ ideale per prendere
questi provvedimenti.
E’ arrivato il momento di onorare le vittime delle “sparizioni”,
mettendo sotto inchiesta e perseguendo penalmente i responsabili e
concedendo risarcimenti ai parenti e alle persone rimaste prive di
mezzi che ancora non sono in grado di rifarsi una vita. Inoltre e’
necessario che, per favorire la riconciliazione e rimarginare le ferite
ancora aperte, la gente conosca la vera storia di queste violazioni,
che continuano a tormentare e dividere la societa’ bosniaca.
Amnesty International ha ribadito la propria richiesta alla comunita’
internazionale, in particolare alla Missione di polizia dell’Unione
Europea (EUPM) recentemente insediatasi in Bosnia, di attuare sul
serio il dichiarato impegno in favore dei diritti umani e di incoraggiare
e supervisionare le indagini della polizia sulle ‘sparizioni’ in modo da
fornire una solida base per procedimenti giudiziari efficaci ed
imparziali.
Secondo l’organizzazione per i diritti umani, quei pochi risultati sin
qui ottenuti potranno essere pregiudicati se non si agira’
immediatamente. In quella manciata di casi in cui sono state aperte
inchieste su casi di ‘sparizione’, cio’ e’ stato dovuto alla tenacia dei
parenti e degli amici delle vittime e alla professionalita’ e al coraggio
di qualche ispettore di polizia o magistrato.
“C’e’ evidente bisogno di un monitoraggio a lungo termine e
dell’opera di osservatori sui diritti umani impegnati e competenti
all’interno della comunita’ internazionale. Se la loro azione sara’
ulteriormente indebolita, non restera’ speranza per i molti casi
irrisolti” - ha detto Pignocchi. “E’ indispensabile che le autorita’
bosniache, a tutti i livelli, e la comunita’ internazionale elaborino ed
attuino una strategia complessiva per affrontare queste violazioni dei
diritti umani.”
Oltre a portare una giustizia da lungo tempo attesa per tutte le
vittime, i procedimenti giudiziari su specifici casi di ‘sparizione’
costituiranno la cartina di tornasole del complesso, lento e costoso
processo di riforma del sistema giudiziario e degli organismi
responsabili dell’applicazione della legge. Queste riforme hanno
costituito una priorita’ elevatissima per la comunita’ internazionale
negli ultimi anni, in particolare in vista della prevista chiusura, nel
2008, del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia.
“Un sistema giudiziario dev’essere in grado di riparare alle violazioni
dei diritti umani, ‘sparizioni’ comprese” - ha aggiunto Pignocchi.
“Altrimenti, per quanto le sue regole e le sue strutture siano state
ammodernate e riorganizzate con ampio dispendio di soldi, dal punto
di vista degli esseri umani i cui diritti sono stati violati si trattera’ solo
della dimostrazione del trionfo dell’apparenza sulla sostanza.”



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====== MODENA ======



"IL GOVERNO TAGLIA A MODENA
UN MILIONE E MEZZO DI EURO"



Una dichiarazione di Alberto Caldana, assessore ai Servizi sociali del Comune: "Le riduzioni per il welfare equivalgono a una casa protetta per anziani o a due asili nido. I diritti vanno difesi"


Il Governo Berlusconi vuole smantellare lo stato sociale. L'obiettivo è ormai molto evidente, come dimostrano il taglio del 10% al Fondo per le politiche sociali previsto dalla Finanziaria, l'ulteriore decurtazione del 55% del fondo alle Regioni per il Welfare,annunciata da Tremonti e Maroni, e la riduzione di quasi il 40% ( 25% lo scorso anno e il 15% adesso) del Fondo sociale per l'affitto.
Per essere molto concreti, questi tagli possono significare per Modena un minore introito di quasi un milione e mezzo di euro, cioè quanto una casa protetta o due asili nido. Ma la situazione, ovviamente, non è rosea per nessuna città italiana perché i tagli penalizzano gli interventi rivolti alle persone povere e disagiate, minano lo stato sociale nel suo complesso, ledono i diritti di cittadinanza sanciti dalla legge 328 del 2000 nei confronti dei servizi per gli anziani, i disabili, i bambini, le famiglie e compromettono il ruolo di governo affidato agli enti locali dalla riforma delle autonomie e, soprattutto, dalla recente modifica del Titolo V della Costituzione.
Attraverso il "libro bianco sul Welfare", il Governo tenta di "vendere" la riforma varata con la Finanziaria del 2003 come un'efficace politica sociale in grado di aumentare il reddito delle fasce più povere della popolazione e di generare crescita economica. Ma qualsiasi simulazione seria sugli effetti della riforma dimostra che i benefici per i meno abbienti saranno minimi poiché i più disagiati non sono toccati dalla riduzione delle imposte. Insomma, da una parte si cerca di far pagare ai poveri scelte economiche sbagliate e dall'altra si vuole sostituire il mercato all'offerta di servizi basata su effettivi diritti di cittadinanza.
A questa prospettiva, tanti Comuni e tante Regioni, anche governate dal Polo, stanno manifestando la loro netta opposizione. Modena deve essere in prima fila in questa battaglia che è prima di tutto di civiltà. Un paese è forte quando i suoi cittadini non temono di essere esclusi o emarginati o di essere travolti dai casi della vita: tutte le persone che vivono in Italia hanno diritto ad essere inserite pienamente nel tessuto economico, sociale, culturale. Tutte le forme di disagio, da quello conclamato a quello più legato alla "normalità" ,devono trovare una risposta organizzata, efficace ed efficiente, garantita dai soggetti pubblici.
In questi anni Modena ha saputo creare un sistema di servizi per gli anziani e per l'infanzia capace di offrire questa risposta di cittadinanza con particolare attenzione ai più deboli, esattamente l'opposto di ciò che il Governo si propone.
Ecco perché occorre oggi difendere il modello modenese, salvaguardando lo stato sociale. Difendere non vuole dire conservare ciò che c'è, ma soprattutto innovare e sperimentare vie nuove. Significa promuovere il benessere e l'autonomia delle donne e degli uomini di questa città, rifiutando ogni logica puramente assistenzialistica e compassionevole. Per le istituzioni significa soprattutto superare ogni tentazione di autoreferenzialità e lanciare una nuova, grande stagione di partecipazione dei cittadini e del mondo della solidarietà sociale alla progettazione, alla organizzazione e alla valutazione dei servizi pubblici e delle prestazioni. Significa, infine, favorire una nuova "socialità" delle famiglie e dei cittadini, anche promuovendo e garantendo spazi di autorganizzazione e cittadinanza attiva.



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ARTE E POESIA DEGLI ANNI '60
IN MOSTRA ALLA POLETTI


Domenica 16 marzo apre l'esposizione dedicata alle edizioni Geiger e Tèchne. Collaborarono Della Casa, Vaccari, Parmiggiani, Cremaschi, Sitta, Benati, Guerzoni

Le edizioni "Geiger" (Torino-Parma) e "Tèchne" (Firenze), con la diffusione delle omonime riviste e la parallela pubblicazione di libri, hanno accompagnato dalla fine degli anni Sessanta e per larga parte degli anni Settanta il rinnovamento dell'arte e della poesia.
Proprio a "Geiger e Tèche" è dedicata la mostra che sarà inaugurata domenica 16 marzo alle 11 alla biblioteca civica di storia dell'arte Luigi Poletti (Palazzo dei Musei, viale Vittorio Veneto 5), dove resterà aperta fino al 17 maggio (lunedì dalle 14.30 alle 19, da martedì a venerdì dalle 8.30 alle 13 e dalle 14.30 alle 19, sabato dalle 8.30 alle 13, ingresso libero, informazioni al numero 059 200370).
Curata da Marco Bazzini e Giorgio Maffei con la collaborazione di Patrizio Paterlini e del Centro studi Librid'artista di Torino, l'esposizione presenta i materiali utilizzati in quegli anni e ripropone il clima delle relazioni culturali che animavano gli autonomi centri di creatività.
Le Edizioni "Geiger" nacquero come rivista nel 1967 a Torino per volontà di Adriano Spatola e dei fratelli Maurizio e Tiziano. Vennero pubblicati dieci numeri, con periodicità assolutamente irregolare, l'ultimo dei quali, nel 1996, dedicato dagli amici alla memoria del fondatore. Alla rivista si affiancarono circa centoventi libri editi tra il 1967 e il 1978 (il primo, curato da Claudio Parmiggiani e Adriano Spatola, fu il catalogo di "Parole scritte sui muri" a Fiumalbo). Numerosi gli artisti collaboratori, tra cui i modenesi Giuliano Della Casa, Franco Vaccari, Claudio Parmiggiani, Carlo Cremaschi, Carlo Alberto Sitta, Davide Benati, Franco Guerzoni.
"Tèchne" è stato invece il bollettino di un omonimo centro per la promozione dell'arte contemporanea nato a Firenze nel 1969 e gestito da un gruppo di artisti e architetti tra cui Malquori, Fusi, Guarneri, Guasti, Giraldi, Ranaldi, Cerbai. Diretto da Eugenio Miccini; uscì in 19 numeri antologici (gli ultimi nove raccolti in tre volumi) e pubblicò, tra il 1968 e il 1982, una collana di quaderni con oltre cinquanta titoli.
La mostra alla Poletti inaugura un nuovo percorso di ricerca sulle riviste che si affianca alla rassegna annuale "In forma di libro", in cui la biblioteca analizza la produzione libraria di singoli artisti.


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CASA NATALE DI FERRARI,
IL PRESIDENTE E' MAURO TEDESCHINI



Accanto al direttore di "Quattroruote" siedono nel consiglio di amministrazione della Fondazione Pietro Blondi, Gianni Cottafavi, Mario Lugli, Fausto Cappi e Antonio Ghini

E' il giornalista modenese Mauro Tedeschini, direttore della rivista "Quattroruote", il presidente della Fondazione Casa natale di Enzo Ferrari. Lo ha deciso, nel corso di una riunione che si è svolta in Municipio, il Consiglio generale della Fondazione, formato da dodici membri nominati da Comune, Provincia, Camera di Commercio e Ferrari spa.
Il Consiglio di amministrazione sarà composto da sei membri (il settimo sarà nominato dall'assemblea di partecipazione, l'organismo che riunirà i futuri aderenti): il presidente Mauro Tedeschini, Pietro Blondi della Giunta della Camera di commercio di Modena, l'assessore comunale alla Cultura e al Turismo Gianni Cottafavi, l'assessore provinciale alla Cultura e al Turismo Mario Lugli, il dirigente della Maserati Fausto Cappi e il dirigente della Ferrari spa Antonio Ghini.
La Fondazione Casa natale di Enzo Ferrari è stata costituita il 29 gennaio scorso nello studio del notaio Andrea Rabitti con lo scopo di valorizzare, promuovere e tutelare l'immagine, la storia e l'opera di Enzo Ferrari e creare e gestire un museo che sorgerà nell'edificio di via Paolo Ferrari 85, dove il Drake è nato. Negli spazi adiacenti troveranno sede anche percorsi di valorizzazione del marchio Maserati.


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IL FONDO PER L'AMBIENTE NEL FUTURO DI VILLA SORRA

Il Fai potrebbe gestire uno dei più importanti complessi storici dell'Emilia-Romagna assieme ai comuni di Modena, Castelfranco, Nonantola e San Cesario

Il Fondo per l'ambiente italiano (Fai), che da quasi trent'anni tutela e conserva senza scopo di lucro beni di interesse storico, artistico e naturalistico, potrebbe gestire il complesso di Villa Sorra, a Panzano di Castelfranco Emilia, nel modenese, che comprende una delle più importanti dimore storiche dell'Emilia-Romagna, un giardino ottocentesco, edifici rustici, rovine romantiche e vie d'acqua.
L'auspicio è contenuto nella lettera di intenti sottoscritta in gennaio dai sindaci di Castelfranco Emilia, Modena, Nonantola e San Cesario sul Panaro - i quattro comuni che dal 1972 sono proprietari della Villa, del giardino e di tre poderi della tenuta originaria - e dal direttore generale del Fai, Marco Magnifico.
Uno studio di fattibilità - che richiederà circa tre mesi di lavoro e che sarà finanziato con 25 mila euro dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena - permetterà di individuare la destinazione d'uso di edifici e terreni e la valutazione dei costi dei restauri. Entro la primavera del prossimo anno, i quattro Comuni e il Fondo per l'ambiente italiano si propongono inoltre di stipulare una convenzione per progettare e realizzare gli interventi e definire la gestione, che potrà avvenire direttamente o tramite un'autonoma società.
"La collaborazione tra i quattro Comuni e il Fai potrebbe allargarsi ad altri partner del territorio - spiega Piero Bergonzini, direttore di Villa Sorra - anche per realizzare un atelier della produzione agricola di qualità del nostro territorio in un'ottica di valorizzazione delle sue peculiarità, dei sapori antichi e delle tradizioni".
La storia del complesso inizia alla metà del Seicento, quando il modenese Francesco Sorra acquista terreni tra Gaggio e Panzano e nei pressi di Castelfranco Emilia, allora territorio bolognese dello Stato Pontificio. Tra la fine del secolo e i primi anni del Settecento, il figlio Antonio costruisce la villa padronale in barocchetto emiliano "per necessario comodo di villeggiare" e per sovrintendere alle attività agricole praticate nei terreni di famiglia. Sempre nel Settecento viene costruito anche il giardino, che viene però completamente ridisegnato nella prima metà dell'Ottocento e trasformato in uno dei più prestigiosi esempi italiani di parco "all'inglese".

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NEL 2003 UN MILIONE 200 MILA EURO DI INVESTIMENTI
Serviranno per il consolidamento strutturale di Villa Sorra, per lavori nel giardino e per realizzare un percorso ciclabile che collegherà il complesso a Castelfranco

Un milione 200 mila euro di investimenti per il consolidamento strutturale di Villa Sorra (progetto che ha già ottenuto il nulla osta della Soprintendenza), per lavori nel giardino storico e su altri immobili e per la realizzazione di un percorso ciclabile che collegherà Castelfranco Emilia allo storico complesso di Panzano.
Per una delle principali dimore storiche dell'Emilia-Romagna, nel 2003 si darà il via ad un programma di lavori che si preannuncia come il più consistente da quando, nel 1972, i Comuni di Castelfranco Emilia, Modena, Nonantola e San Cesario sul Panaro ne hanno assunto la proprietà.
Alle risorse messe a disposizione dagli enti locali si aggiunge, infatti, un contributo di oltre 480 mila euro assegnato grazie all'inserimento di Villa Sorra nell'accordo di programma quadro in materia di Beni e attività culturali sottoscritto tra la Regione Emilia Romagna e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Negli ultimi quattro anni la gestione ordinaria del complesso ha comportato costi per oltre 500 mila euro e altri 400 mila sono stati utilizzati per completare il rifacimento della copertura della villa e della ex stalletta e per la manutenzione straordinaria delle alberature.
La convenzione sottoscritta nel 1998 tra i quattro comuni proprietari ha permesso di rendere più efficaci gli interventi, di promuovere azioni di conservazione, recupero e valorizzazione, di coordinare le attività, ottimizzare la gestione corrente e cercare nuovi partner, come la Provincia di Modena, la Regione Emilia-Romagna, le Università di Modena e Reggio Emilia, Bologna, Ferrara e Firenze, varie associazioni di volontariato e il Fondo per l'ambiente italiano.


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