Modenapiù
Una Città e il Mondo: politica, cultura, economia, società a cura di Roberto Gazzotti.
venerdì, novembre 01, 2002
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NOSTRO TEMPO
Settimanale Cattolico Modenese
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Su Nostro tempo in uscita sabato 2 novembre 2002:
La Caritas critica le legge Bossi-Fini
e scoppia la polemica
Immigrazione: se ne può parlare?
Nostro tempo va oltre alla mera dialettica politica e affronta i rischi e i limiti della sanatoria che sono denunciati da sindacati, Consulta per gli stranieri e Porta Aperta.
Che sul tema dell’immigrazione si potesse scatenare una bagarre politica, forse in molti lo avevano messo in conto: fa parte delle regole del gioco. Ma che la polemica montasse sul giudizio espresso dalla Caritas italiana in merito alla legge Bossi-Fini, francamente ha suscitato non poco stupore e qualche perplessità. Per una serie di motivazioni che proviamo ad elencare. Primo: la Caritas italiana è da sempre in prima linea nel lavoro non facile con gli stranieri. Conosce le situazioni, le dinamiche spesso complesse e le norme che regolano il variegato mondo dell’’immigrazione. Dunque, se la Caritas esprime un giudizio, per la competenza e “i meriti acquisiti sul campo” (ogni anno produce un ragionato rapporto sull’immigrazione in Italia) si presume che lo faccia avendo soppesato tutti gli elementi e le conseguenze delle proprie posizioni. Non parla il primo arrivato...
Secondo: non si capisce il tono delle affermazioni usate, soprattutto da persone, un onorevole e un ministro, che ricoprono ruoli istituzionali. “Le bugie della sinistra hanno fatto un’altra vittima: questa volta è caduto nella trappola il Vescovo di Modena (presidente della Caritas italiana n.d.r.) che critica in modo pregiudiziale le politiche sull’immigrazione varate dal Governo“. Altro commento: “il Governo pur rispettando le idee politiche di tutti non condivide e non apprezza polemiche ingenerose e fuorvianti”. In questo modo il vescovo di Modena sarebbe liquidato, ma ci si chiede: esiste ancora il diritto di critica oppure il dibattito sui temi più scottanti che riguardano la politica è relegato al solo Transatlantico e alle aule di Montecitorio e di Palazzo Madama ? Terzo: ogni critica, se vuole essere propositiva e non sterile, deve essere accompagnata da proposte concrete e costruttive: giusto quello che la Caritas italiana aveva espresse prima ancora che la legge Bossi-Fini entrasse in vigore.
Di Stefano Malagoli
La polemica per le considerazioni del vescovo
e della Caritas sulla legge Bossi-Fini
Nel polverone dell’immigrazione
Non solo dialettica politica: i rischi e i limiti della sanatoria
sono denunciati da sindacati, Consulta per gli stranieri e Porta Aperta
“La pressione migratoria sull’Italia è di gran lunga inferiore a quella di altri paesi (meno di 3 immigrati su 100 residenti; la media europea è di un immigrato su 20). Numeri e tendenze dimostrano che, se si vuole, è possibile dare ordine all’intero processo e favorire la proficua integrazione degli immigrati nella vita economica e civile della nazione”. Così si espresso mons. Benito Cocchi, presidente della Caritas italiana, presentando, nei giorni scorsi a Roma, il “Dossier statistico immigrazione 2002” curato da Caritas e Fondazione Migrantes. In quell’occasione il Vescovo ha ribadito l’insoddisfazione per un confronto politico sulla riforma di legge che non ha tenuto conto delle preoccupazioni espresse dalla Chiesa e ha sottolineato come qualcuno considera l’immigrato non una figura umana, ma “una pratica, al più una ‘partita’ di merce lavoro, da consumare nel ciclo produttivo finché non serve, cioè finché rende in termini economici”. Concetti e timori che il Vescovo aveva altre volte espresso, ancor prima che si concludesse l’iter legislativo della Bossi-Fini, “una legge – ha aggiunto – che introduce elementi di paura e difficoltà che non aiutano a mettere in regola le situazioni in nero”.
Parole che a taluni non sono piaciute. La parlamentare modenese Isabella Bertolini, capogruppo di Forza Italia, ha interpretato come “politico” un discorso animato da ben altri intenti, in cui tra l’altro mons. Cocchi sottolinea l’impegno della Caritas a seguire “con intenzioni costruttive, gli sviluppi della legge: dai regolamenti d’attuazione, alla revisione delle normative regionali”. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi risponde, invece, con le cifre della sanatoria: in Italia 450.000 domande di regolarizzazione di lavoratori extracomunitari e la prospettiva di arrivare a 600mila entro l’11 novembre, quando scadrà il termine; oltre le 7.000 domande a Modena (2.180 badanti e colf, 5.456 lavoratori subordinati). Secondo l’assessore provinciale alle Politiche Sociali Giorgio Razzoli: “La replica a suon di cifre non risponde al merito delle questioni sollevate da mons. Cocchi, che tengono conto delle esigenze di accoglienza e del rispetto dei diritti delle persone”. Di uguale tenore una nota del Coordinamento Provinciale della Margherita. Le critiche alle dichiarazioni del presidente della Caritas, per l’assessore comunale Alberto Caldana, “sembrano voler negare alla Caritas e a chi la rappresenta di poter avere un’autonoma valutazione, attraverso la propria capillare rete di centri presenti su tutto il paese”. Caldana va oltre e ricorda come a Modena i kit richiesti per la regolarizzazione degli stranieri fossero 33mila, quindi, stando alle domande presentate, mancano all’appello 24mila persone. Conferma palese che la clandestinità non è certo sconfitta”.
Ma le preoccupazioni sono pure altre e forse più gravi, perché riguardano anche quelle 7.000 domande presentate. Sindacati, Consulta degli stranieri, Centro di Ascolto di Porta Aperta, coloro che lavorano con gli immigrati, sono concordi nel denunciare i rischi che si annidano nella sanatoria. Molti lavoratori sono stati licenziati quando hanno chiesto di essere messi in regola, ma non potranno denunciare i datori di lavoro, come accadeva nelle precedenti sanatorie – afferma Claudio Lodesani dell’Ufficio stranieri Cgil – perché la denuncia darebbe l’avvio alla notifica di espulsioni”. Inoltre, in epoca di sanatorie sono proliferate le agenzie di affari che si prestano a sbrigare la pratica che per il lavoratore dovrebbe essere gratuita (è il datore di lavoro a dover versare gli 800 euro) in cambio di ‘modiche’ cifre: da 2mila a 5mila euro. Il pagamento è ovviamente anticipato, e verrà restituito in caso di mancato rilascio del permesso di soggiorno. Restituito a chi e come, visto che in tal caso il committente sarà una cittadino fantasma senza diritti, non è dato sapere. E poi perché pagare per un servizio che i sindacati fanno gratuitamente? “Perché – spiega Olumide Okunga della Consulta degli stranieri - ai sindacati occorre presentarsi con il datore di lavoro, in agenzia no. Così c’è il dubbio che quando dopo l’11 novembre sarà il momento della convocazione per la firma del contratto di lavoro, qualche datore non si presenterà”. E intanto sono aumentati gli arrivi di clandestini dall’Albania e da tutto il Maghreb, come confermano dal centro di Ascolto di Porta Aperta: “si è diffusa in fretta la notizia della sanatoria e si sono anche moltiplicati i datori di lavoro compiacenti”. E se il permesso si paga, diventa intuibile come sia facile approfittarsi della disperazione di tanti “soprattutto quando mancano i controlli: la dichiarazione e il versamento viene fatto oggi – spiega Marco Roncaglia di Porta Aperta - ma nessuno va a controllare che in questi mesi lo straniero sia effettivamente occupato presso quell’impresa. Il rischio? Che tutta la sanatoria non serva proprio a nulla”.
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