giovedì, novembre 28, 2002

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====== MODENA ======


COLF E BADANTI PER GLI ANZIANI:
COSA OCCORRE FARE ORA, DOPO LA SANATORIA?
Intervento di Franco Zavatti, segretario generale provinciale Spi Cgil




I dati numerici relativi alla regolarizzazione (scaduta l'11 novembre)
delle lavoratrici e dei lavoratori extracomunitari irregolari a Modena,
sono ormai noti e definitivi.
Delle 10.856 dichiarazioni consegnate, oltre 4.000 riguardano le cosiddette
"colf-badanti". Sono perciò altrettante le famiglie modenesi che hanno
finalmente compiuto un passo importante verso l'emersione e la
regolarizzazione di un essenziale lavoro di cura.
Si tratta, senza dubbio, di un lavoro di assistenza e cura rivolto quasi
esclusivamente a persone anziane che, assieme ad una consistente fetta di
"lavoro nero", fotografa il dramma della "non autosufficienza" che
coinvolge migliaia di famiglie modenesi.
Ma, chiusi i termini della sanatoria, il problema può dirsi risolto? Tutta
l'area del lavoro di cura familiare che utilizza extracomunitari non
regolari può considerarsi ora emersa? Si pongono, inoltre, altri
interrogativi: queste migliaia di situazioni familiari, da tempo certamente
note ma solo da oggi regolarizzate, come interagiscono con la rete
dell'assistenza agli anziani a rischio di non autosufficienza e del
sostegno familiare?
"Come sindacato dei pensionati - afferma Franco Zavatti segretario
provinciale dello Spi Cgil - non possiamo che esprimere alcune fondate
preoccupazioni e, nel contempo, assumere iniziative di tutela e di
sostegno. Intanto occorre essere consapevoli che il numero delle
regolarizzazioni richieste è ancora ben al di sotto del fenomeno reale.
Prescindendo pure - prosegue Zavatti - dai fenomeni gravissimi di malaffare
e di truffe legate al mercato delle false regolarizzazioni già denunciati
dal sindacato a Modena, resta una clamorosa divaricazione fra kit ritirati
(14.325) e domande effettivamente consegnate (4.015), pari al 28% dei
moduli prelevati" : vi sarà chi prudenzialmente ha richiesto più di un kit,
ma è evidente che resta ancora una vasta area che non ha compiuto il passo
della regolarizzazione, e per molteplici ragioni. Alcune, derivanti da
motivazioni soggettive delle famiglie interessate (i costi elevati; la
procedura burocratica; le incertezze sulle future responsabilità; ecc.).
Altre, più direttamente connesse ad una "tipicità" del mercato delle
badanti che tutt'ora prospera sul "nero": pensiamo alla rete organizzativa
di "trimestrali" con il permesso turistico (polacche ed altre dai paesi
dell'est) che tutt'ora ruotano trimestralmente sull'anziano bisognoso,
senza richiedere nessuna prova di emersione".
Questo è un fenomeno strutturato e ben organizzato, largamente conosciuto
da tutte le autorità locali, che difficilmente potrà continuare così e
prescindere dalla recente legge.
Restano pertanto ancora migliaia di situazioni di lavoro, per donne
straniere presso anziani soli o con problemi di parziale non
autosufficienza, ancora escluse dal percorso di emersione.
E per le 4000 badanti in via di regolarizzazione, cosa fare? "Questa
consistente realtà - afferma Zavatti - con oltre 4.000 badanti
regolarizzate nella nostra provincia, impone una sua attenta valutazione da
parte dei servizi sociali locali. Sono migliaia di situazioni - prosegue il
segretario provinciale dei pensionati - e, ovviamente, non costituiscono
tutte casi di gravità sociale. E' però una occasione senza precedenti per
conoscere questo fenomeno che deve essere rapidamente monitorato dai
Servizi Sociali dei Comuni per conoscere cosa c'è dentro a quelle 4.000
domande, quali bisogni esprimono, quale necessità vi possa essere per
ulteriori interventi, quale integrazione con altre prestazioni
socio-sanitarie". Ed ancora, conclude Zavatti, queste migliaia di donne
straniere che assistono anziani e/o famiglie bisognose pongono anche - in
molti casi - una questione di qualità e di preparazione professionale, non
solo di conoscenza della lingua (problema comunque rilevante, pensando che
molti anziani - tra l'altro - parlano spesso in dialetto). Si apre allora
un ulteriore spazio di intervento per tentare un'adeguata risposta
formativa".


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CAUSA L'EMERGENZA MALTEMPO
I VIGILI DEL FUOCO FP CGIL
SOSPENDONO LO SCIOPERO NAZIONALE



A fronte dello stato di calamità che sta interessando le regioni del Nord e
viste le previsioni per le prossime ore, le quali confermano che il
maltempo dovrebbe interessare anche il meridione, la FP CGIL Vigili del
Fuoco ha deciso di sospendere lo sciopero già proclamato per il 29 novembre
e di effettuarlo il giorno 11 dicembre 2002.
Tale determinazione scaturisce dal senso di responsabilità che da sempre
caratterizza i Vigili del Fuoco i quali, ancora una volta, faranno
prevalere le necessità della popolazione alle legittime rivendicazioni
sindacali del settore.
Una responsabilità che continua a non essere condivisa dal Ministero
dell'Interno e dal governo, i quali, nonostante gli impegni pubblicamente
assunti nei mesi scorsi, non confermano in alcun modo la sbandierata
volontà di potenziare e valorizzare il corpo nazionale dei vigili del
fuoco, tant'è vero che nella Legge finanziaria 2003, la cui discussione è
ormai nella fase conclusiva, al momento non esiste alcun riscontro.
A maggior ragione pertanto è urgente quanto necessario che il Governo,
accolga gli emendamenti che prevedono l'attribuzione di risorse
contrattuali aggiuntive per il settore operativo dei vigili del fuoco, tali
da riconoscerne la specificità professionale quale componente fondamentale
della Protezione civile, nonchè ulteriori disponibilità finanziarie per
potenziare gli organici - assunzione di almeno 5.000 unità nel triennio
2003/2005 (di cui 500 in Emilia Romagna) - rinnovare il parco automezzi ed
adeguare le attrezzature, idonee a svolgere un adeguato servizio, con
particolare riguardo ai dispositivi di protezione individuale degli
operatori.

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====== MONDO ======


LIBERTA' DI STAMPA NELLA FEDERAZIONE RUSSA
AMNESTY INTERNATIONAL INVOCA IL RISPETTO
DEGLI OBBLIGHI INTERNAZIONALI


Amnesty International ha sollecitato i legislatori russi a rispettare gli
obblighi derivanti dagli accordi internazionali e dalla Costituzione in
materia di liberta' di espressione.

"Apprezziamo la decisione del presidente Putin di porre il veto sulle
proposte di emendamento riguardanti la copertura giornalistica delle
situazioni estreme" - ha affermato Amnesty International. "Tuttavia, i
parlamentari russi devono assicurare che ogni modifica alle leggi in
vigore sui mezzi d'informazione e sulla 'lotta al terrorismo' sia in
linea con gli standard internazionali che tutelano il diritto del pubblico
a ricevere informazioni su cui formare le proprie opinioni".

I giornalisti e le organizzazioni per i diritti umani hanno elogiato il
presidente Putin per essersi opposto agli emendamenti presentati
all'indomani della vicenda del sequestro degli ostaggi del teatro
Dubrovka. Questi emendamenti avrebbero imposto un rigido freno
alla copertura giornalistica di situazioni analoghe e degli eventi in
corso o relativi alla Cecenia ed avrebbero impedito ai mezzi
d'informazione di identificare appartenenti alle forze speciali e alle
unita' di crisi senza il permesso di questi ultimi.

La liberta' d'informazione e' riconosciuta come diritto umano
fondamentale in testi ed accordi internazionali quali la Dichiarazione
universale dei diritti umani, il Patto internazionale sui diritti civili e
politici e la Convenzione europea sui diritti umani. Amnesty
International ricorda ai legislatori russi che Mosca ha sottoscritto
questi documenti internazionali, la cui supremazia sulla legislazione
nazionale e' ribadita dalla stessa Costituzione del paese.

Secondo Amnesty International, "le restrizioni nei confronti dei mezzi
d'informazione possono essere facilmente sfruttate per esercitare
pressione sui giornalisti, soffocare il dibattito pubblico e la critica e
incoraggiare l'impunita' e la corruzione".

Ulteriori informazioni

Gli emendamenti legislativi sono stati presentati in gran fretta
sull'onda del sequestro degli ostaggi nel teatro Dubrovka di Mosca,
conclusosi con la morte di circa 150 persone. Le autorita' russe
hanno criticato la decisione di alcuni mezzi d'informazione di
mandare in onda interviste con i sequestratori e con esponenti
ceceni durante il sequestro ed hanno imposto limitazioni sulla
copertura giornalistica della crisi. Gli emendamenti sono stati
criticati dalle organizzazioni per i diritti umani come un tentativo di
introdurre la censura e di minare la liberta' di espressione.

La documentazione relativa alla campagna di Amnesty International
sulla Federazione Russa "Russia. Giustizia in rosso." e' disponibile
sul sito Internet www.amnesty.it



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CINA, DENUNCIA DI AMNESTY INTERNATIONAL:
GLI UTENTI DI INTERNET
RISCHIANO DETENZIONI ARBITRARIE,
TORTURE E PERSINO ESECUZIONI



Amnesty International ha chiesto oggi alle autorita’ di
Pechino di rilasciare tutte le persone attualmente agli
arresti o condannate per aver utilizzato Internet per
esprimere pacificamente le proprie opinioni o
condividere informazioni.

“Chiunque sia detenuto solo per aver pacificamente
diffuso su Internet le proprie opinioni o altre
informazioni o per aver visitato determinati siti e’ un
prigioniero di coscienza e dev’essere rilasciato
immediatamente e senza condizioni” - ha dichiarato
Francesco Visioli, coordinatore per la Cina della
Sezione Italiana di Amnesty International.

In un rapporto diffuso oggi, intitolato Repubblica
Popolare Cinese: il controllo dello Stato su Internet,
Amnesty International segnala i casi di almeno 33
persone arrestate o condannate per reati relativi a
Internet: si tratta di attivisti politici, scrittori ed
appartenenti a organizzazioni non ufficiali, tra cui il
movimento spirituale Falun Gong.

Una delle sentenze piu’ lunghe e’ stata emessa nei
confronti di un ex agente di polizia, Li Dawei,
condannato a 11 anni di carcere per aver scaricato
articoli dai siti Internet dei movimenti democratici
cinesi all’estero. Tutti i suoi appelli sono stati respinti.

Il rapporto di Amnesty denuncia anche i casi di due
seguaci del Falun Gong, detenuti per reati relativi a
Internet, apparentemente deceduti a seguito di
torture o maltrattamenti da parte della polizia. Il
Falun Gong e’ stato bandito come “organizzazione
eretica” nel luglio 1999.

“Mentre l’industria di Internet continua ad espandersi
in Cina, il governo prosegue a intensificare i controlli
sull’informazione on-line con misure come il filtro o il
blocco di siti stranieri, l’istituzione di corpi speciali di
polizia, il blocco di motori di ricerca e la chiusura di
siti che pubblicano informazioni sulla corruzione o
articoli critici nei confronti del governo” - ha
affermato Visioli.

Alla fine di agosto, la Cina ha bloccato per un breve
periodo l’accesso al motore di ricerca Google,
deviando gli utenti su motori di ricerca locali. Nelle
ultime settimane Pechino ha cambiato ancora tattica,
consentendo l’accesso ad alcuni siti Internet
precedentemente bloccati, ma rendendo impossibile
agli utenti l’apertura dei documenti sui siti relativi alla
Cina. Secondo quanto appreso da Amnesty
International, il ministero per la Sicurezza dello Stato
ha fatto installare dei meccanismi di rilevamento sui
sistemi dei fornitori di accesso ad Internet con
l’obiettivo di controllare le caselle di posta elettronica
individuali, mentre tutti gli Internet café sono stati
obbligati a tenere un registro dei propri clienti e ad
informarne la polizia.

“Gli utenti di Internet sono sempre piu’ intrappolati in
una fitta rete di norme che limitano i loro diritti umani
fondamentali” - ha aggiunto Visioli. “Chiunque navighi
in Internet puo’ rischiare l’arresto arbitrario e
l’imprigionamento”.
Nei casi estremi, coloro che diffondono su Internet
informazioni considerate “segreti di Stato” possono
persino essere condannati a morte.

Le autorita’ cinesi hanno anche obbligato le societa’
che si occupano di Internet ad assumersi maggiori
responsabilita’ nel controllare la rete. I firmatari
dell’Impegno pubblico di autodisciplina, introdotto
nell’agosto 2002, acconsentono a non pubblicare
informazioni “perniciose” che possano “mettere a
repentaglio la sicurezza dello Stato, disgregare la
stabilita’ sociale, contravvenire alle leggi e diffondere
superstizione e oscenita’”. L’Impegno e’ stato
sottoscritto da oltre 300 societa’, compreso il noto
motore di ricerca internazionale Yahoo.

Amnesty International chiede al governo di Pechino di
rivedere i regolamenti e le misure che limitano la
liberta’ di espressione su Internet, per renderli
conformi agli standard internazionali.

L’organizzazione per i diritti umani ha anche espresso
la propria preoccupazione per il fatto che alcune
societa’ straniere avrebbero venduto alla Cina
tecnologia che e’ stata usata per censurare Internet.

“In un momento in cui il ruolo della Cina come
partner economico e commerciale e’ in crescita, le
multinazionali hanno una particolare responsabilita’
nell’assicurare che la loro tecnologia non sia utilizzata
per violare i diritti umani fondamentali” - ha
commentato Visioli.

Ulteriori informazioni

Fin dall’inizio della commercializzazione di Internet in
Cina, nel 1995, questo paese e’ diventato uno dei
mercati dalla crescita piu’ rapida nel mondo. Il
numero degli utenti a livello nazionale raddoppia ogni
sei mesi e si stanno lanciando migliaia di siti. Nel
giugno di quest’anno il numero degli utenti ha
raggiunto circa 46 milioni e gli esperti ritengono che
entro i prossimi quattro anni la Cina diverra’
probabilmente il principale mercato mondiale. Dal
1995 le autorita’ di Pechino hanno introdotto oltre 60
norme e regolamenti sull’uso di Internet.

Dopo un incendio scoppiato in un Internet café di
Pechino nel giugno di quest’anno, le autorita’ hanno
chiuso migliaia di Internet café e a quelli cui e’ stato
permesso di riaprire hanno richiesto di installare
programmi per bloccare siti considerati “politicamente
sensibili” o “reazionari”. Questi programmi
impediscono l’accesso a 500.000 diversi siti Internet
stranieri.

Il rapporto Repubblica Popolare Cinese: il controllo
dello Stato su Internet e’ disponibile presso l’indirizzo:
http://www.web.amnesty.org/ai.nsf/recent/asa17007
2002
e gli appelli sui casi citati in questo comunicato
presso:
http://www.web.amnesty.org/ai.nsf/recent/asa17046
2002



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