martedì, novembre 19, 2002

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CENTO ANNI DI GESTIONE DELL'ACQUA
NELLA BASSA MODENESE


Un interessante libro di Luigi Cavazzoli e Mario Pecoraro

Recensione di GIUSEPPE BERTONI

Da sempre, nella sua ricerca incessante di riparo e difesa, l’uomo ha avuto bisogno dell’acqua, che ha influenzato, pur se in maniera non determinante, le scelte del suo insediamento sulla terra. Mari, per le opportunità offerte da pesca e commercio, e fiumi, per quelle di irrigazione e comunicazione, hanno spesso favorito il sorgere di città; così come le forniture idriche per la nutrizione umana: falde sotterranee (sorgenti, fontanili, pozzi…) fino ad arrivare alle tecnologie più evolute di canali e acquedotti. Ecco dunque che il modo di dire “facile come bere un bicchier d’acqua” tace, nell’espressione che privilegia il semplice atto del bere, tutto il faticoso percorso carsico – in senso non solo letterale, ma anche figurato – che ha permesso a quell’acqua di zampillare dal rubinetto al nostro bicchiere. Un gesto quotidiano comune a tutti noi, ma che nasconde, in un certo senso, una conquista sociale.
È in parte ciò che emerge dal libro, in uscita adesso, di Luigi Cavazzoli e Mario Pecoraro 1902-2002. Dal Consorzio Acquedotto a SORGEA (per i tipi della Nuovagrafica di Carpi, 2002, pp.188, 10 €), il quale, tramite un resoconto documentario lucido e scrupoloso, ricostruisce la storia di un Consorzio sorto nel 1902, costituito da Finale Emilia e Crevalcore e in seguito Bondeno, allo scopo di rifornire capillarmente di acqua potabile un territorio le cui risorse idriche, a causa del loro ristagno, erano divenute all’epoca inquinate, malsane, perfino putride e ‘avvelenate’. Finale prese l’iniziativa, in una manciata di anni vennero condotti rilevamenti, indagini e ricerche, si susseguirono studi e progetti, alcuni col coinvolgimento di vari comuni, altri autonomi. Tutti falliti però: troppo costoso impiantare un acquedotto da soli e, d’altro canto, mettere d’accordo tutti troppo difficile. Due date fondamentali furono il 25 Ottobre 1902, giorno in cui, da un’idea concepita dal consigliere Gregorio Agnini, vide la luce il Consorzio; e il 1907, allorché Bondeno ne venne a far parte. Nuove trivellazioni di pozzi, un progetto da ampliare come pure il preventivo delle condutture, lo scoppio della guerra mondiale, problemi di tenuta d’acqua delle tubazioni, esigue risorse finanziarie a disposizione, oltre alle immancabili miopie varie di parte dell’opinione pubblica, allungano i tempi di esecuzione dei lavori. Un’iniziativa dagli ingenti risvolti economici avrebbe potuto indurre qualcuno a intraprendere azioni speculative più o meno illecite, “ma qui non si tratta di un’impresa che abbia per fine di dividere il guadagno, ma della costituzione di un Consorzio che ha per fine di provvedere ad un pubblico servizio”. Oggi chi è al governo della cosa pubblica farebbe bene a rammentare ogni tanto a se stesso parole simili a quelle pronunciate dall’allora sindaco di Finale. Con l’avvento del fascismo, cambiano gli amministratori, che non riescono tuttavia a confutare i meriti della precedente gestione socialista. Dopo tante vicissitudini, all’inizio del ’27 viene effettuato il collaudo igienico dell’acquedotto e il 22 Maggio dello stesso anno l’impianto, anche se non al meglio, è messo in funzione. Continuarono le difficoltà: problemi di tenuta delle condutture, divergenze sulla portata d’acqua ritenuta ormai inadeguata.
Alla fine della seconda guerra mondiale, si fa strada con forza la necessità di dotare i comuni di un nuovo impianto: tubazioni nuove e più capienti, tracciato diverso in quanto, ma non solo, i cingoli dei mezzi pesanti militari avevano danneggiato le condutture e nel frattempo la popolazione andava aumentando. Nel ’49 il Comune di Bondeno delibera di installare un acquedotto in proprio ed esce dal Consorzio; in compenso, nel 1950 entra Sant’Agata Bolognese. I preventivi, le cifre, i calcoli si susseguono a getto continuo per diversi anni assieme ai rilevamenti scientifici sul territorio interessato al progetto. Castelfranco rimane il bacino d’utenza, ma occorre perforare anche due nuovi pozzi artesiani. Tra epidemie, casi di tifo e di intossicazione (a volte presi a pretesto dagli avversari politici), lunghe sospensioni delle forniture alle abitazioni, accompagnate da un una crescita progressiva del malcontento popolare, il progetto venne presentato sul finire del ’57 per l’erogazione dell’acqua anche ai Comuni di Decima e Ravarino che erano stati coinvolti nell’iniziativa. Nel ’65 iniziarono i lavori e nel 1981 fu attivato il nuovo impianto, “esattamente a cinquant’anni di distanza dal suggerimento del commissario prefettizio Malaguti di un rifacimento dell’acquedotto”, rileva sottilmente Pecoraro. Ormai è storia attuale. Dovendo i consorzi ispirarsi, nella propria struttura, all’azienda speciale, nasce il Consorzio Acquedotto Foscaglia-Fontanina dotato di nuovo statuto con l’adesione di Nonantola e San Giovanni in Persiceto. Nel 1998 il Consorzio diviene SORGEA, ossia una Società Multiservizi Ambientali che si occupa dell’acquedotto, delle fognature, della depurazione delle acque, della fornitura del gas metano e dello smaltimento dei rifiuti.
Come la storia, con la sua corrente ininterrotta, fatta di acquisizioni, conquiste, perdite, dimenticanze, ritorni, curve, deviazioni, diramazioni a volte sotterranee, l’acqua, in definitiva, non smetterà mai di scorrere.

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