venerdì, settembre 26, 2003

NIGERIA: ANNULLAMENTO DELLA CONDANNA A MORTE DI AMINA LAWAL

MA L’USO DELLE LEGGI DISCRIMINATORIE RIMANE UNA QUESTIONE APERTA

Amnesty International ha espresso soddisfazione per la decisione odierna,
da parte della corte d’appello della sharia dello stato nigeriano di Katsina,
di annullare la condanna a morte di Amina Lawal, emessa il 22 marzo
2002. Secondo quanto dichiarato dal suo collegio di difesa, Amina Lawal è
stata rimessa in libertà poiché né la condanna né la confessione sono
state giudicate valide e dunque non è stata provata la commissione di
alcun reato.
“Il caso di Amina Lawal non avrebbe mai dovuto essere trattato in un
tribunale. Nessuna persona dovrebbe vivere un’esperienza del genere” -
ha dichiarato Marco Bertotto, presidente della Sezione Italiana di Amnesty
International.
L’organizzazione per i diritti umani si è detta felice per la mobilitazione
delle organizzazioni femminili, che hanno condannato con forza le
discriminazioni di genere su cui si basano alcune sentenze delle corti della
sharia in Nigeria. Contemporaneamente all’annullamento del verdetto di
Amina Lawal, ricorda Amnesty International, rimane in corso un altro
appello relativo a una condanna a morte nei confronti di Fatima Usman e
Ahmadu Ibrahim, sempre da parte di una corte della sharia nello stato di
Niger.
“La pena di morte è l’estrema violazione del diritto alla vita e costituisce
una punizione crudele inumana e degradante, sempre e comunque.
Amnesty International chiede al governo e alla società civile della Nigeria
di cogliere questa occasione e affrontare un problema che è causa di danni
e sofferenza inutili per molti cittadini nigeriani,” ha aggiunto Bertotto.
Per Amnesty International, il governo federale della Nigeria dovrebbe
assumere l’iniziativa di abolire la pena di morte ed emendare le parti della
legislazione – federale e locale, compresa quella della sharia - che
prevedono la pena di morte e le punizioni crudeli, inumane e degradanti.
Amnesty International ricorda che punizioni quali la lapidazione, la
fustigazione e l’amputazione, previste nella nuova legislazione, sono
considerate trattamenti crudeli inumani e degradanti dal diritto
internazionale sui diritti umani. Esse sono in totale contrasto con la
Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, ratificata dalla Nigeria
nel giugno 2001.
Le relazioni sessuali extramatrimoniali tra adulti consenzienti non possono
essere considerate reati penali. Il Comitato sui diritti umani delle Nazioni
Unite ha affermato che “è incontestabile che gli atti sessuali in privato tra
adulti consenzienti rientrano nella sfera della riservatezza”. Incriminare e
imprigionare donne a causa delle loro relazioni sessuali viola il loro diritto
alla libera espressione e associazione, alla libertà dalla discriminazione e
alla riservatezza. Amnesty International prosegue dunque la propria
campagna per l’abolizione di tutte le leggi discriminatorie e contro la
criminalizzazione di atti sessuali in privato tra adulti consenzienti.

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