giovedì, settembre 11, 2003

EUROPA UNITA ED IMMIGRAZIONE ILLEGALE: I DUBBI DI AMNESTY

Amnesty International ha diffuso oggi il testo della lettera inviata al
ministro degli Interni Giuseppe Pisanu, in occasione del Consiglio
informale dell'Unione Europea sulla giustizia e gli affari interni:


Gentile Ministro,
in occasione del prossimo Consiglio informale Giustizia e affari
interni, Amnesty International desidera richiamare l'attenzione del
Consiglio sulle proprie preoccupazioni riguardanti le recenti iniziative
per una gestione integrata delle frontiere esterne e in particolare le
iniziative per combattere l'immigrazione illegale. Vista la priorita' che
ha attualmente assunto l'obiettivo del controllo, vorremmo avere
chiarimenti su come queste proposte possano garantire il pieno rispetto
degli obblighi di protezione, al di la' del mero riferimento ai requisiti
in tema di diritti umani.
Siamo a conoscenza del fatto che la Presidenza vuole cogliere
l'occasione del Consiglio informale per riprendere il dibattito
sull'immigrazione legale e illegale, con particolare attenzione alla
cooperazione operativa riguardante la gestione integrata ed efficace delle
frontiere esterne dell'Unione Europea. Sulla base degli schemi-guida,
sviluppati secondo il Piano d'Azione del giugno 2002 per la gestione delle
frontiere esterne, il Consiglio Affari generali e relazioni esterne,
tenutosi il 16 e 17 giugno 2003, ha riconosciuto la necessita' di una
gestione delle frontiere piu' integrata ed efficace, cosi' come la
necessita' di garantire un'azione concreta dell'Unione Europea in questo
campo, stabilendo obiettivi chiari e definendo metodi e piani d'azione
piu' strutturati. Queste conclusioni sono state pienamente sottoscritte
dal Consiglio europeo di Salonicco, il 19 e 20 giugno scorsi. In accordo
con tali decisioni, la Presidenza italiana ha giocato un ruolo chiave nel
rafforzare la cooperazione operativa tra i Quindici sostenendo la gestione
dei confini marittimi, ma anche attraverso iniziative volte a migliorare
l'efficienza dei controlli di frontiera e delle operazioni di espulsione
condotti dagli Stati membri.
Amnesty International riconosce gli sforzi politici fatti dalla
Presidenza per promuovere un approccio equilibrato tra un buona gestione
dell'immigrazione legale e un rinnovato impegno a combattere
l'immigrazione illegale. La nostra organizzazione riconosce che la
politica del rimpatrio e della lotta all'immigrazione illegale sono
componenti necessarie di un'adeguata politica dell'immigrazione.
Comprendiamo inoltre il desiderio dei governi di promuovere nuove e piu'
efficaci modalita' per affrontare i flussi che includono sia rifugiati che
immigrati. Tuttavia, siamo estremamente preoccupati per l'insufficiente
attenzione prestata alle questione della protezione, dal momento che le
persone bisognose di tutela si trovano tra chi arriva in maniera
irregolare.
Date le implicazioni potenzialmente di ampia portata per il sistema
internazionale di protezione, vi sono tutte le ragioni per valutare
criticamente questa iniziativa ed affrontare il dibattito con grande
cautela. Cogliamo l'opportunita' per rinnovare le nostre preoccupazioni e
sollecitare chiarimenti riguardo a:
- l'accesso a procedure d'asilo efficaci ed eque;
- la detenzione dei richiedenti asilo e degli immigrati illegali;
- la cooperazione con i paesi terzi.


Minacce nei confronti di un effettivo accesso alla protezione
internazionale


Nonostante le legislazioni nazionali contengano clausole di
salvaguardia per il rispetto del diritto internazionale sui rifugiati,
Amnesty International teme che esse rimangano "lettera morta" poiche' le
misure drastiche prese per combattere l'immigrazione illegale
danneggerebbero, nell'attuazione pratica, l'effettivo accesso alla
protezione per i rifugiati ed i richiedenti asilo.
A questo proposito, Amnesty International esprime preoccupazioni
per le recenti discussioni sul Progetto Nettuno che prevede pattugliamenti
comuni e la possibile intercettazione di immigrati illegali nel
Mediterraneo centrale e orientale, e che ha gia' ricevuto l'appoggio
politico da diversi Stati membri, inclusi Malta e Cipro. Questo piano
viene presentato dalla Presidenza come un modello globale d'intervento che
prevede non solo pattugliamenti in mare, ma anche rimpatri attraverso la
cooperazione dei paesi di transito e d'origine. Come Amnesty International
ha ampiamente sottolineato in occasione del Consiglio europeo di Salonicco
dello scorso giugno, le misure per impedire l'accesso al territorio
dell'Unione Europea e quindi alla protezione internazionale sarebbero in
contrasto con il fine del diritto di richiedere e beneficiare dell'asilo,
contenuto nella Dichiarazione universale dei diritti umani. Tali misure
potrebbero inoltre portare a una violazione diretta e indiretta del
principio del non refoulement (non respingimento), data la consolidata
giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani sulla natura
extraterritoriale dell'articolo 3 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti umani e delle liberta' fondamentali.
Amnesty International ricorda che i principi generali del diritto
internazionale stabiliscono che uno Stato e' responsabile di atti o
omissioni ad esso attribuibili ovunque si verifichino. Dalla consolidata
giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani deriva la questione
fondamentale se, in seguito all'espulsione di una persona, vi siano
ragioni sostanziali per ritenere che essa rischi seriamente di essere
sottoposta a tortura e a trattamenti o pene inumani e degradanti. Il
principio del non refoulement, quindi, non solo esclude l'espulsione di
una persona verso un paese dove sia direttamente a rischio, ma anche
l'espulsione verso un paese dal quale potrebbe essere successivamente
espulsa verso uno Stato terzo dove sarebbe a rischio di persecuzione. Gli
standard dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati
(Acnur) stabiliscono che i richiedenti asilo debbano avere il permesso di
sbarcare nel primo porto e l'opportunita' di vedere esaminata la propria
richiesta di asilo da parte delle autorita' competenti.
Amnesty International chiede pertanto che la Presidenza chiarisca
come l'effettivo accesso alla protezione internazionale possa essere
assicurato durante le operazioni d'intercettazione.


Verso un uso generalizzato della detenzione

Amnesty International desidera avere chiarimenti sui centri di
accoglienza che verrebbero aperti a Cipro, per immigrati illegali in
attesa di espulsione. Infatti, oltre agli standard internazionali sui
diritti umani applicabili, che proibiscono la detenzione arbitraria e
illegale, vi e' un crescente corpus giurisprudenziale che conferma questo
divieto anche nei confronti dei richiedenti asilo, compresi coloro la cui
domanda e' stata respinta. Secondo la consolidata giurisprudenza della
Corte europea dei diritti umani, la detenzione e' arbitraria e illegale se
non e' giustificata nei casi individuali o se non e' aperta a controlli
periodici da parte di un'autorita' giudiziaria in modo che possano essere
ravvisati elementi per giustificare la detenzione.
Amnesty International segue con preoccupazione questa iniziativa,
soprattutto alla luce del fatto che i meccanismi internazionali di
controllo sul rispetto dei diritti umani hanno regolarmente espresso grave
timore sulla detenzione dei richiedenti asilo e degli immigrati in centri
di accoglienza come quelli previsti a Cipro. In questo contesto, assumono
particolare rilevanza le preoccupazioni espresse nei nostri rapporti sulle
spaventose condizioni del sistema di detenzione a Malta, che sono state
fortemente denunciate da altri organismi internazionali e da
organizzazioni non governative come il Comitato europeo per la prevenzione
della tortura e il Servizio dei Gesuiti per i rifugiati. In accordo con
gli standard dell'Acnur, Amnesty International ritiene che l'arresto dei
richiedenti asilo debba essere evitato. Prima di ricorrere all'arresto,
dovrebbero essere sempre considerate possibili alternative alla detenzione
e misure diverse dalla custodia. Nessun richiedente asilo dovrebbe essere
arrestato a meno che non sia stato accertato che la detenzione e'
necessaria, legale e conforme agli standard internazionali.
Amnesty International chiede alla Presidenza di fornire opportuni
chiarimenti su come questi principi possono essere pienamente rispettati
nei piani e nelle misure che si stanno sviluppando.

Clausola dei diritti umani: salvaguardie di mera facciata?

Infine, Amnesty International desidera ribadire le proprie
preoccupazioni riguardo alla cosiddetta "associazione con i paesi terzi" e
le corrispondenti misure relative alla politica estera e finalizzate a
prevenire le cause delle migrazioni. In linea con le Conclusioni del
consiglio sulla intensificata cooperazione nella gestione dei flussi
migratori con i paesi terzi, del 18 novembre 2002, nonche' con le recenti
conclusioni del vertice di Salonicco, la Presidenza ha preso l'iniziativa
di rafforzare la cooperazione tecnica con paesi quali la Libia o la
Tunisia.
Queste iniziative sollevano seri interrogativi alla luce dei
dettagliati riscontri di gravi e persistenti violazioni dei diritti umani
in questi paesi. Per quanto riguarda in particolare la Libia, colgo
l'occasione per sottoporre alla Sua attenzione i casi di sette cittadini
eritrei che sono attualmente detenuti e potrebbero da un momento all'altro
essere obbligati al rimpatrio nel loro paese d'origine nonostante il
rischio di essere sottoposti a tortura, detenzione segreta, in isolamento
e senza accusa formale, o addirittura esecuzione extragiudiziale.
Sebbene si siano impegnati politicamente a opporsi ai gravi abusi
dei diritti umani, per non menzionare la lotta contro il "terrorismo"
internazionale, i governi dell'Unione Europea sembrano soffrire di
un'amnesia collettiva quando e' in gioco il tema dell'immigrazione e sono
pronti ad avviare negoziati anche in assenza di un contesto generale per
aprire un appropriato dialogo politico.
Mentre l'Unione Europea sta discutendo la possibilita' di
sviluppare incentivi finanziari e assistenza tecnica per i paesi che
vogliano attuare i propri obblighi di riammissione, non sembra esservi uno
sforzo paragonabile per rafforzare il dialogo politico sul "buon governo"
o per affrontare in maniera piu' efficace le cause che sono alla base
delle migrazioni, tra cui i gravi abusi dei diritti umani. Nonostante le
interessanti proposte fatte dalla Commissione Europea, Amnesty
International ritiene che la politica di impegno degli Stati membri
dell'Unione Europea con i paesi di origine e di transito abbia finora
prodotto poco piu' che un ampliamento delle proprie politiche restrittive
in materia di asilo e immigrazione, piuttosto che perseguire una
cooperazione politica, di sviluppo o economica dal punto di vista dei
diritti umani onde prevenire le cause di fuga delle persone dai propri
paesi. In particolare, Amnesty International e' preoccupata per il fatto
che gli accordi di riammissione non includano sufficienti salvaguardie e
che un riferimento meramente generale agli obblighi internazionali degli
Stati membri non sia sufficiente a prevenire in maniera efficace il
refoulement.
Alla luce di quanto sopra, Amnesty International ribadisce la
propria richiesta di:
- efficaci meccanismi di controllo;
- una valutazione dell'impatto sui diritti umani, basata sui principali
standard in materia di diritti fondamentali, di ogni decisione presa per
combattere l'immigrazione illegale e dei loro effetti a catena, al fine di
prevenire conseguenze negative sui principali obblighi dell'Unione Europea
per la tutela dei diritti umani.
Amnesty International auspica che le proprie preoccupazioni e
raccomandazioni siano prese in seria considerazione dal prossimo Consiglio
informale sulla giustizia e gli affari interni. Allo stesso tempo, Le
saremmo grati se potesse fornirci chiarimenti sulle problematiche
evidenziate in questa lettera.

Cordialmente,

Dick Oosting
Direttore Ufficio di Amnesty International
presso l'Unione Europea

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